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Oscar Pistorius: lo psicologo lo dichiara inadatto alla carcerazione

La difesa di Oscar Pistorius si gioca la carta della depressione; l’atleta è in attesa di giudizio per l’omicidio della fidanzata, la modella Reeva Steenkamp.

Lo definiscono un “broken man”, un uomo finito, incapace di combattere la depressione lo logora da anni. Da quel maledetto 14 Febbraio 2013 quando viene arrestato e interrogato dalla polizia di Pretoria con l’accusa di omicidio volontario, dopo aver presumibilmente sparato alla fidanzata, che era in casa insieme a lui. Il 3 marzo 2014, a Pretoria, inizia il processo a suo carico. La mattina del 12 settembre, Pistorius viene riconosciuto colpevole di omicidio colposo, viene condannato a 5 anni di carcere per omicidio colposo e a 3 anni (sospesi con la condizionale) per il possesso di armi da fuoco. Nel novembre 2014 la procura sudafricana ricorre in appello contro la sentenza. In secondo grado la sentenza viene ribaltata e viene condannato a 15 anni per omicidio volontario. Da poco iniziato il terzo atto, si avvicina l’ora della verità per l’atleta paraolimpico.

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Il Blade Runner sudafricano in tribunale appare triste e dimesso, tanto che la difesa si appella alla sua depressione per dimostrare la sua incompatibilità con il regime carcerario, con tanto di psicologo che ne certifichi la patologia clinica.  Allo scopo, verrà presentata una perizia effettuata dallo psichiatra Jonathan Scholtz, nella quale si certificherà la totale “fragilità” dell’ex campione e la “depressione” cronica che lo starebbe affliggendo. Depressione che non gli permetterebbe di tornare in carcere, mettendo a rischio la sua vita.

Una mossa disperata? Può darsi. Eppure sembra l’unico modo per evitare una condanna che sembra già annunciata dalla sentenza di secondo grado. I genitori della vittima hanno dichiarato di sperare in una giusta sentenza il più velocemente possibile per avere finalmente il tempo di dedicarsi alla fondazione che avrà il nome della figlia e che si occuperà di difendere le donne dalle violenze domestiche.

Photo Credits: Facebook

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