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Il Nobel a Bob Dylan? Infuria la polemica: “È sbagliato”. E lui si chiude nel silenzio

A due giorni dal Premio Nobel per la letteratura a Bob Dylan, da lui nessun commento. Opporrà il gran rifiuto come Jean-Paul Sartre? Durissimi attacchi da Irvine Welsh, Norman Mailer e Alessandro Baricco. 

Nulla. Nemmeno il Nobel per la Letteratura lo smuove. Bob Dylan, il mostro sacro del rock, si è chiuso in un silenzio ermetico. Nessun commento sull’assegnazione a lui, da parte degli accademici svedesi, giovedì scorso 13 ottobre, del Premio Nobel per la Letteratura 2016. Tutto ciò fa naturalmente parte del suo modo di essere, se ci pensate un attimo. E chi lo ama non si stupirà. Anzi, lo adorerà ancora di più per questo. Il giorno stesso del conferimento Dylan era in concerto a Las Vegas, ma non una parola sul riconoscimento neanche tra gli applausi dei fan. Il cantautore non ha aperto bocca se non per cantare. Sul suo sito ufficiale il silenzio assoluto. Dylan non ha cambiato l’agenda del suo Never Ending Tour. E gli accademici svedesi, che pure hanno contattato i suoi manager, non sono riusciti a interloquire con lui. Cosa succederà il 10 dicembre 2016 quando il cantautore dovrebbe ritirare di persona dalle mani del re il premio a Stoccolma? Dylan accetterà l’invito? O farà come il filosofo francese Jean-Paul Sartre, che nel 1964 rifiutò il Nobel per la letteratura?

È divertente pensare al Dylan silente, che del Nobel sembra infischiarsene, e  alla grande “confusione sotto il cielo” fra le persone comuni, ma soprattutto fra i letterati, sul fatto se sia stato giusto o meno dare a Bob l’ambitissimo premio mondiale. Sono passati due giorni ma la polemica continua ad arroventarsi. Lo scrittore di thriller Jason Pinter ha polemizzato, come molti altri, su Twitter: “Se Bob Dylan può vincere il premio Nobel per la Letteratura, Stephen King deve entrare a far parte della Rock and Roll Hall of Fame“, ha scritto.  Irvine Welsh – l’autore di Trainspotting, da cui il celeberrimo film che ha appena compiuto vent’anni – rincara la dose molto pesantemente, accusando in pratica gli accademici svedesi di essere vecchi parrucconi dei nostri tempi. Il Nobel a Dylan? Rischia di essere la scelta di un consesso di anziani hippies – scrive Welsh su Twitter – che convergono sul premio nostalgia della loro adolescenza. Non è da meno Norman Mailer, uno dei più grandi scrittori viventi: Se Dylan è un poeta io sono un giocatore di basket.

Potremmo finirla qui? No. Perché, come è noto, anche in Italia si sono scatenati gli attacchi. Il fuoco a ripetizione dell’artiglieria è stato aperto in grande stile da Alessandro Baricco. Secondo il quale, per parafrasare l’Antonio Di Pietro dei tempi migliori, “Che c’azzecca Bob Dylan con la letteratura“. E via così, con Gianni Riotta e molti altri che gli hanno risposto difendendo la scelta di Stoccolma e schierandosi per il sì. Naturalmente anche il fronte del “sì, hanno fatto bene a darglielo” è molto ampio anche a livello internazionale. Tra i più autorevoli sostenitori trova Salman Rushdie. Bob Dylan non poteva non vincere prima o poi il Nobel perché “è il nuovo bardo della grande tradizione musicale“, ha sostenuto l’autore dei “Versi satanici”. Le ragioni dei sostenitori del “sì” sono in sostanza quelle degli accademici svedesi, Bob Dylan ha innovato poeticamente la grande tradizione della canzone americana e quindi ha fatto poesia e letteratura di altissimo livello con i testi delle sue immortali melodie. La polemica continua. E non sarà certo Dylan a…dire una parola.

Il Nobel a Bob Dylan? Infuria la polemica: "Darglielo è sbagliato". E lui si chiude nel silenzio

 

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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