Sono passati 15 anni da quell’11 settembre che ha cambiato le vite di tutti. Gli attentati hanno segnato l’inizio di un processo, di cui non si vede la fine…
15 anni e la vita non è stata più la stessa. Tre lustri non sono bastati a rimettere insieme i pezzi ricostruendo una società fiduciosa ed ottimista. L’odore della paura non se ne è mai andato ed è vivo, oggi più che mai, a causa della drammatica situazione in cui tutti ci troviamo. L’11 settembre del 2001 19 terroristi di Al Qaeda dirottarono quattro aerei e li usarono come missili per attaccare l’America: colpirono il Pentagono e fecero crollare le Torri Gemelle. I morti furono 2974 e nonostante fosse solo l’America ad essere stata colpita, il dolore fu collettivo, umano.
Obama nel suo messaggio radiofonico, oggi 11 settembre 2016, ha invitato i cittadini a mostrarsi uniti, «Di fronte al terrorismo, conta come rispondiamo», ha affermato, «non possiamo arrenderci a chi ci vuole dividere. Non possiamo reagire in maniere che erodano il tessuto della nostra società: è la nostra diversità, il nostro accogliere tutti i talenti, il trattare chiunque equamente a prescindere da razza, genere, etnia o fede che contribuisce a rendere il nostro paese grande e resistente». Eppure qualcosa appare irrimediabilmente cambiato e le sue parole appaiono fastidiosamente stridenti.
L’America è rosa dal razzismo, come hanno dimostrato gli attacchi dall’interno e le perdite subite negli ultimi mesi, come, purtroppo, ha dimostrato anche un ragazzo di colore morendo in diretta Facebook ucciso da un poliziotto bianco. L’Europa è piegata dagli attacchi terroristici subiti a Parigi, Bruxelles, Nizza; la comunità internazionale è disunita e fragile come hanno dimostrato le politiche discordanti sull’immigrazione, la questione curda e siriana e la Brexit. Viviamo in una realtà di odio razziale, di dolore e di paura: il filo che ci univa gli uni con gli altri si è rotto e l’alba della ricostruzione appare ancora lontana…
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