Antonello Venditti, cantante-simbolo di una generazione o meglio di uno spaccato dell’Italia più vera, più genuina, oggi compie 70 anni. Il cantante di “Alta Marea” e “Amici Mai”, celebrato anche da Paolo Sorrentino con un cammeo ne “La Grande Bellezza”, ha risposto con la sua irrinunciabile sincerità alle domande di una bellissima intervista per Vanity Fair.
La prima canzone, Sora Rosa, la scrisse nel 1963.
«A 14 anni, pensando al suicidio o mettendolo in conto. Scaricavo nelle canzoni ciò che avevo dentro e la prospettiva, invece di sembrarmi drammatica, mi pareva la soluzione del problema».
«La mia infelicità. Nelle canzoni era più semplice cavarsela che nella vita vera. Da adolescente grasso, se parliamo di bullismo, non avevo niente da invidiare a nessuno. Ero tra quelli che sentivano le risatine al loro passaggio e se una ragazza mi sorrideva neanche ci credevo. Lei si chiamava Fanny. Un amore mai dichiarato che pensavo irrealizzabile. A un certo punto mi feci avanti e scoprii con mia grande sorpresa che lei non era poi così indisponibile».
Perché era così infelice?
«Vivevo di cose non dette, di insicurezze, di soliloqui tra me e me. Wanda Sicardi, mia madre, era la più grande grecista del ’900. Figlia di nonna Margherita, una donna di Olevano Romano che non aveva studiato e come in una favola si era sposata con il principe palermitano Rivarola di Roccella, molto amico di Pirandello. La nonna aveva cucinato per tutta la vita crescendo la figlia a lezioni di lingue e ricamo, come si faceva con le signorine per cui ogni sacrificio è lecito. Con mamma avevo un rapporto complicato».
Destra, sinistra, centro, sovranismo. Salvini le è simpatico?
«È una bella domanda. Vedo tutto il suo potenziale: creativo e distruttivo. Lo vedo come un oggetto, Salvini. E vedo anche il razzismo manifestato e negato a seconda della felpa che indossa. Lo vedo in tutte le sue forme. Divido il Salvini uomo che fa i selfie e tutto quello che quei selfie producono. Ha un linguaggio efficace».
«Che parla il linguaggio dell’epoca in cui vive, la vera differenza che c’è tra destra e sinistra nel 2019 è prima di tutto semantica. In questo tempo, devi avere il linguaggio del nostro tempo. Sarebbe interessante trovare un giovane uomo o donna di sinistra che abbia la capacità di comunicare con gli altri come fa Salvini. Sul tema dei migranti, non possiamo non dire che la politica di Minniti era più a “destra” di quella di Salvini. Cosa c’è di diverso? Il linguaggio. Perché Minniti non è stato eletto neanche nel suo collegio?».