“Mimmo Lucano è innocente”: il verdetto della Cassazione sul sindaco di Riace
Mancano indizi di “comportamenti” fraudolenti. Perciò Domenico “Mimmo” Lucano, il sindaco sospeso di Riace, può tornare al suo paese. Lo dicono le motivazioni depositate oggi 3 aprile della sentenza di Cassazione dello scorso 26 febbraio con la quale la suprema Corte ha disposto l’annullamento con rinvio del divieto di dimora a Riace per il sindaco.
Mimmo Lucano doveva rispondere di avere “materialmente posto in essere” presunti illeciti comportamenti al fine di assegnare alcuni servizi. Come quello della raccolta di rifiuti a due cooperative. Dato che le delibere e gli atti di affidamento sono stati adottati con “collegialità” e con i “prescritti pareri di regolarità tecnica e contabile da parte dei rispettivi responsabili del servizio interessato” tali comportamenti, dice la Cassazione, non sussistono.
Come è noto Riace è la cittadina calabrese diventata un simbolo per l’accoglienza dei migranti. La misura cautelare era stata disposta dal Tribunale della libertà di Reggio Calabria lo scorso 16 ottobre nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Locri che ha rinviato a giudizio Lucano. L’udienza è aggiornata al 4 aprile. Rileva inoltre la Cassazione che non solo non sono provate le “opacità” che avrebbero caratterizzato l’azione di Lucano per l’affidamento di questi servizi alle cooperative L’Aquilone e Ecoriace.
Ma anche che la legge che consente “l’affidamento diretto di appalti” in favore delle cooperative sociali “finalizzate all’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate”. A condizione che gli importi del servizio siano “inferiori alla soglia comunitaria”. Per questo il riesame deve rivalutare il quadro per sostenere l’illiceità degli affidi.
Invece, per gli ‘ermellini’, ci sono gli elementi di “gravità indiziaria” del fatto che Lucano si sia dato da fare per favorire la permanenza in Italia della sua compagna. Ma a questo riguardo, bisogna considerare “la relazione affettiva” che intercorre tra i due e lo stato di incensurato di Lucano prima di decidere nuovamente per il mantenimento del divieto di dimora.
Per la Cassazione, Lucano ha cercato solo di aiutare la compagna. “tenuto conto del fatto” che il richiamo a “presunti matrimoni di comodo” che sarebbero stati “favoriti” dal sindaco, tra immigrati e concittadini, “poggia sulle incerte basi di un quadro di riferimento fattuale non solo sfornito di significativi e precisi elementi di riscontro ma, addirittura, escluso da qualsiasi contestazione formalmente elevata in sede cautelare”.
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