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Caccia al boss Messina Denaro, arrestati due carabinieri. Ecco cosa è successo

L’indagine sul super latitante Matteo Messina Denaro è a una svolta molto importante, scrive su Repubblica Salvo Palazzolo. Questa mattina 16 aprile la procura di Palermo ha fatto scattare le manette per due investigatori. Sono accusati di aver passato notizie riservate su alcuni mafiosi trapanesi dell’entourage del padrino ricercato.

Contestazioni pesanti per il tenente colonnello Marco Zappalà, un ufficiale dei carabinieri in servizio alla Direzione investigativa antimafia di Caltanissetta, e per Giuseppe Barcellona, un appuntato dell’Arma che lavora alla Compagnia di Castelvetrano, la città della primula rossa di Cosa nostra. Con loro è stato arrestato anche l’ex sindaco di Castelvetrano, Antonio Vaccarino, già condannato per traffico di droga e poi diventato un confidente dei servizi segreti. È accusato di aver fatto da tramite e passato al boss Vincenzo Santangelo la trascrizione di un’intercettazione fra due mafiosi trapanesi.

Una catena delle talpe che è stata scoperta dai carabinieri del Ros, scrive Palazzolo: il procuratore capo di Palermo Francesco Lo Voi e l’aggiunto Paolo Guido contestano adesso le accuse di rivelazione di notizie riservate e accesso abusivo a un sistema informatico. Vaccarino risponde invece di favoreggiamento aggravato, dall’aver favorito l’organizzazione mafiosa.

Ricostruzione accolta dal giudice delle indagini preliminari Piergiorgio Morosini, che ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare, accogliendo la ricostruzione dei sostituti procuratori Pierangelo Padova e Francesca Dessì. E ora si apre uno scenario inquietante: quante altre informazioni riservate sull’indagine Messina Denaro erano già filtrate? E cosa si nasconde dietro gli uomini delle istituzioni accusati oggi di essere delle talpe?

“È come Padre Pio…”. Le intercettazioni shock sul boss Messina Denaro

(notizia di archivio, aprile 2018) Si stringe il cerchio sul capo di Cosa nostra Matteo Messina Denaro: Polizia, Carabinieri e Direzione investigativa antimafia (Dia) hanno eseguito un provvedimento di fermo nei confronti di 21 presunti affiliati alle famiglie mafiose di Castelvetrano, Campobello di Mazara e Partanna (Trapani). Scioccanti le intercettazioni telefoniche emerse: il super boss latitante è letteralmente considerato dagli affiliati un santo.

Il 22° fermo è stato emesse per il super boss, ancora latitante. Finiscono invece in carcere, come riporta Repubblica.it, i cognati della primula rossa di Castelvetrano: Gaspare Como e Saro Allegra, i mariti di Bice e Giovanna Messina Denaro. Le accuse nei confronti degli indagati sono, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, danneggiamento, detenzione di armi e intestazione fittizia di beni. Tutti reati aggravati dalle modalità mafiose.

LA RETE DEI “PIZZINI”

L’indagine ha consentito di individuare la rete utilizzata dal capo di Cosa nostra per lo smistamento dei “pizzini” con i quali dava le disposizioni agli affiliati. Le indagini di Polizia, Carabinieri e Dia, inoltre, hanno confermato sia il ruolo di vertice di Messina Denaro sulla provincia di Trapani sia quello del cognato, reggente del mandamento di Castelvetrano in seguito all’arresto di altri familiari. Pedinamenti, appostamenti e intercettazioni hanno ribadito come Cosa nostra eserciti un controllo capillare del territorio e ricorra sistematicamente alle intimidazioni per infiltrare il tessuto economico e sociale.

LE INTERCETTAZIONI

“Vedi, una statua gli devono fare…una statua…una statua allo zio Ciccio che vale. Padre Pio ci devono mettere allo zio Ciccio e a quello accanto…Quelli sono i Santi“. Così, secondo quanto riporta il sito web dell’Ansa, alcuni mafiosi fermati dalla Dda di Palermo a marzo scorso parlavano, non sapendo di essere intercettati, di Matteo Messina Denaro e del padre Francesco, capomafia di Castelvetrano morto nel 1998. Don Ciccio e il figlio vengono accostati dai due interlocutori, uno dei quali cognato del boss ricercato, ai santi e a padre Pio, e vengono idolatratati: “Io ho le mie vedute… che c… vuoi?”, prosegue uno dei due. “Significa essere colpevole? Arrestami. Che spacchiu (cavolo ndr.) hai? Che fa? non posso dire quello che penso?”. “È potuto essere stragista…cosa minchia sia a me…le cose giuste”, spiega uno dei due che fa un paragone tra i boss alla classe politica. “Voialtri tanto mangiate. State facendo diventare un paese… l’Italia è uno stivale pieno di merda…uno stivale pieno di merda…le persone sono scontente…questo voi fate…e…glielo posso dire? Arrestami…che minchia vuoi?”.

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