Amanda Lear: la donna che stregò David Bowie e Salvador Dalì
È nata nel 1939 ad Hong Kong sotto il nome di Amanda Tapp e nella vita ha fatto qualsiasi cosa. Cantante, modella, pittrice, attrice, scrittrice, presentatrice e amante di grandi artisti. Quella di Amanda Lear è davvero una storia incredibile.
“Pensavo di essere brutta, brutta, brutta”
Amanda Lear è appena ventenne quando inizia a lavorare come modella. È alta, magra, poco sinuosa e non si piace per niente: “Ero cresciuta pensando di essere brutta, brutta, brutta. Ero troppo alta, ero troppo magra, i miei seni erano piatti, avevo gli occhi asiatici e gli zigomi di mia madre così sembravo straniera rispetto a tutte le mie amiche, la bocca era troppo grande e i denti erano troppo grandi, per questo non sorridevo mai. Poi Françoise Hardy esplose in Francia e tutto improvvisamente cambiò. Prima di lei dovevi assomigliare a Brigitte Bardot”.
L’incontro con Caterina Harlé è decisivo: la talent scout a capo di una delle più famose agenzie per modelle in Europa, scorge nella giovane Amanda Lear quel tipo di androginia che di lì a poco riscriverà i canoni estetici della moda. È il 1965, il fenomeno della minigonna sta esplodendo e porta un volto e delle gambe precise: quelle di Lesley Hornby, in arte Twiggy lo “stecchino”. I difetti diventano un patrimonio, la femminilità ridiscute la sue regole estetiche oltre che le sue posizioni politiche. E Amanda Lear inizia la sua folle carriera: Helmon Newton, Elle, Vogue, Mary Quant, Coco Chanel, Yves Saint Laurent.
Quando David Bowie perse la testa per Amanda Lear
È il 1973. Lei è nel pieno della sua carriera da modella, ha appena posato per la band inglese glam-rock Roxy Music. Sulla cover del loro secondo album, For Your Pleasur, tiene al guinzaglio una pantera, stretta in un tubino nero di pelle lucida. Lui nel 1973 ha appena finito la tournée del suo quinto album, quello che lo consacrerà alla fama eterna, The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars. In mezzo a rock-star dai look alternativi e trasandati, lui veste calzamaglie attillate, abiti psichedelici e decide di tingersi i capelli di rosso. David Bowie e Amanda Lear si incontrano grazie ad una foto e si innamorano guardando Fritz Lang.
“Era il 1973: ero un po’ hitchcockiana, aggressiva, con una pantera al guinzaglio” ricorderà lei parecchi anni dopo. “Bowie vide quella foto e si fissò su di me. Mi voleva conoscere. Gli chiesi se conoscesse Fritz Lang e lui disse di no. Io ribattei che non era possibile. In un cinema di periferia proiettavano ‘Metropolis’. E allora, come regalo di compleanno, lo portai lì, a vedere quel film”.
Giovani, popolari, entrambi ambigui nel giocare su una presunta androginia costruita a regola d’arte proprio dal loro manager comune, Tony De Fries. Lui truccatissimo e senza sopracciglia, regala alla stampa aneddoti sulle sue avventure bisessuali. Lei mascolina e aggressiva, sospettata di essere nata “Alain” per poi cambiare sesso in “Amanda”. Bowie, taciturno e sempre malaticcio, riesce a sedurla fin dal primo incontro a casa sua, alle tre di notte. Amanda invece lo travolge con un bagaglio culturale fuori dall’ordinario, e che a lui manca. Un’attrazione chimica che durerà due anni per poi culminare in un’amicizia professionale. Di quell’amore intenso e consumato in fretta, Amanda ricorderà due cose su tutte: che fu David Bowie a scoprire la sua voce, a pagarle le lezioni di canto, a farle conoscere Elton John e Freddy Mercury fino ad incidere il suo primo disco. E soprattutto che “è stato l’uomo più truccato con cui sono andata a letto. Si dava più mascara di me, lasciava i colori sul cuscino”.
Amanda Lear, Salvador Dalì e sua moglie Gala: un matrimonio spirituale durato 17 anni
Un legame lungo 17 anni e distante da qualsiasi etichetta: Amanda Lear e Salvador Dalì si conoscono nel 1965 in un locale notturno parigino. Lei è magrissima, lui è sposato, ma si innamora comunque “del suo scheletro”. L’intesa è immediata, viscerale, e destinata a durare una vita intera: “Ma cosa ci sarà di così strano a stare in tre invece che due? Lo fanno tutti: dai re, ai principi, perfino i presidenti della Repubblica e molti comuni mortali”, così risponde Amanda Lear a chi cerca di comprendere l’inafferrabile, e intanto gli anni passano, mentre lei posa per lui, prende parte ai suoi esperimenti da cineasta, presenzia durante le serate di gala e sopratutto diventa la migliore amica di Gala, sua moglie.
Perché se c’è davvero qualcosa di curioso in questo ménage à trois, è l’incredibile intelligenza di queste due donne, che anziché considerarsi l’una l’ostacolo dell’altra, in qualche modo si sono amate… forse più di quanto abbiano amato l’uomo che condividevano: “Questa donna straordinaria fu di una generosità assoluta: mi accolse immediatamente in seno alla sua coppia. Certo, per realizzare un triangolo come il nostro occorre una certa classe. Non eravamo la coppia del commendatore squallido, con la villa in Sardegna, che ha l’amante nascosta e mantenuta, a cui racconta in continuazione bugie. Volavamo molto alti, non ci nascondevamo mai, anzi, andavamo tutti e tre insieme in vacanza, alle prime teatrali, a Parigi, a Londra, a New York, eravamo felici e innamorati pazzi“.
Sessant’anni di carriera costellata da scandali e misteri, icona indiscussa degli anni Ottanta, citata e omaggiata nella cultura di massa: oggi Amanda Lear si è ritirata dalle scene e vive nel sud della Francia. Agli uomini preferisce i suoi gatti, ma la sua è ancora una storia piena di contraddizioni e segreti che non smettono di affascinare.