Indagini in corso a Roma in relazione al gesto senza precedenti dell’elemosiniere del Papa, il cardinale polacco di 55 anni, Konrad Krajewski. Come è noto, lo scorso fine settimana don Krajewski si è assunto pubblicamente la responsabilità di avere commesso un atto illegale in uno stabile occupato abusivamente, da anni, da centinaia di persone.
Lo stabile, ex sede di un ente previdenziale dello Stato, in via Santa Croce in Gerusalemme, zona Esquilino (centrale) a Roma. Da tempo l’elemosiniere del Papa offriva l’aiuto della Santa Sede alle circa 500 persone senza casa che lo avevano occupato per darsi un tetto. Compreso l’intervento di medici per curare i malati che vivono nella struttura.
Lo scorso fine settimana, dopo aver tentato invano di persuadere le autorità competenti perché riattaccassero la luce, don Krajewski si sarebbe calato nel pozzetto del palazzo. Lì avrebbe rotto i sigilli al contatore della luce e riattivato la corrente elettrica. L’elemosiniere di Francesco ha sostenuto di essere intervenuto “perché 400 persone, tra cui 98 bambini, da cinque giorni erano abbandonate a se stesse”. La società elettrica aveva staccato la corrente per morosità: 300 mila euro di bollette mai pagati dal 2013 a oggi. Così le persone, fra cui uomini e donne malati o in condizioni di salute precaria, sono rimaste al buio. Senza acqua calda né la possibilità di utilizzare frigoriferi e altri elettrodomestici.
Ma è stato davvero il cardinale Konrad Krajewski a rompere i sigilli al contatore del palazzo? Saranno gli inquirenti a stabilirlo, a seguito di un esposto presentato dalla Aresti, la società di Acea che gestisce la rete di distribuzione dell’energia elettrica a Roma. Intanto, però, si nutrono dubbi sulla dinamica dei fatti nello stabile, detto Spin Time Labs.
Secondo quanto riportano sul Messaggero Valentina Errante e Fabio Rossi, la Areti avanza il dubbio che possa esserci qualcuno, un tecnico eventualmente, il quale avrebbe aiutato don Konrad nell’operazione di riallaccio della corrente, cosa non semplice. È da capire, inoltre, se il cardinale goda di immunità perché, pur avendo agito fuori dal territorio Vaticano, il suo gesto potrebbe essere il frutto di una scelta maturata dentro le mura Leonine, precisa il Messaggero.
L’esposto in procura molto probabilmente porterà all’apertura di un fascicolo per danneggiamento e furto di energia elettrica. Ma non riguarda soltanto la violazione dei sigilli. Quanto piuttosto il fatto che l’intervento nella cabina a media tensione non sia avvenuto seguendo le procedure di sicurezza.
In sostanza adesso i 400 occupanti rischiano di trovarsi in una situazione di pericolo rispetto alla quale la società elettrica romana declina ogni responsabilità. È lo stesso esposto, contro ignoti, di Areti a chiarire che l’intervento di riattivazione della corrente nel palazzo prevede competenze molto specifiche e che non si tratta della semplice rimozione di sigilli.
Sembra difficile, insomma, che il cardinale, che ha lasciato sul contatore il suo biglietto da visita, possa effettivamente essere sceso nella cabina a media tensione ed avere eseguito le manovre per far ripartire la fornitura di energia elettrica. Toccherà ai pm stabilire chi l’abbia aiutato, anche se non sarà facile sulla base delle testimonianze.
Dal momento che gli occupanti hanno già dichiarato che intendono autodenunciarsi in massa. L’alto prelato potrebbe comunque essere chiamato a risarcire il danno, o quantomeno a pagare la fornitura di energia, dal momento della riattivazione a quando l’erogazione sarà di nuovo interrotta, ma ha già dichiarato di essere pronto a farlo e a pagare di tasca propria.
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