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Il Trono di Spade, l’epilogo della serie: in produzione il prequel [SPOILER]

E’ la fine di un’era, quella di Game of Thrones, con un episodio finale dalle mille letture, che a qualcuno non sono affatto piaciute.

Al gioco del trono o si vince o si muore. Non c’è una terza possibilità.

Ce lo avevano preannunciato nel corso della prima stagione. Ma noi, ostinati, non abbiamo creduto che questo potesse davvero essere l’epilogo della serie televisiva più amata di sempre, Il Trono di Spade. Arrivata alla sesta puntata dell’ottava stagione, la saga si è chiusa e, come già anticipato, sono morti in tanti, ma hanno vinto in pochi. Anzi, a ben dire, non ha vinto nessuno, neanche gli ascolti, più deludenti del solito. Anzi, a vincere è stato il buon senso, che male si accosta a Game of Thrones, che ci ha abituati piuttosto ad una trama fatta di scelleratezze e poche, pochissime gioie.

Forse è per questo che i fan (milioni) della serie sono assolutamente delusi dall’epilogo. La trama, a tratti, è anche comprensibile, ma non sviluppata in questo modo, superficiale, sbrigativo. A tratti, l’intera stagione sembra essere un trailer di ciò che ci si aspettava. Non è di certo una stagione degna del suo nome. Almeno non per uno show che ci ha abituati a lunghi primissimi piani sulle smorfie delle sopracciglia, che ci ha tenuti sui carboni ardenti. Ma, dovendone tirare le somme, ecco cosa è accaduto negli atti finali della grande “ruota” del Trono di Spade.

Se c’è una cosa che a molti è sfuggita, però, è che questo episodio ha mostrato, a caratteri cubitali, il senso primo (ed ultimo) dell’intera storia. L’ultimo capitolo della serie tv è giocato tutto sulla dicotomia giusto-ingiusto, in un gioco sottile di significati. Il punto della situazione è che, come spesso accade nella lotta al potere, tutti credono di possedere la verità, di sapere con estrema precisione da che parte sia la giustizia, il giusto. Ma questo è sempre un valore talmente soggettivo, che finisce per diventare abuso, sopruso, voglia di dominare.

E’ per questo che Cersei muore, perché dal principio credeva di agire per la giustizia, la sua, che in realtà era solo una scelta di vita: la violenza. Come arma di difesa, ma anche come attacco verso chi ha sempre ostacolato il suo cammino. Muore (nel penultimo episodio) sotto le macerie del suo stesso palazzo, perché quel potere l’ha avvelenata e schiacciata. Proprio lei, aitante regina, imperturbabile e diabolica, saluta i telespettatori, in un simbolico ultimo atto di umanità e paura.

E’ per questo che Daenerys muore, per mano dell’uomo che amava e dalla quale era ama incondizionatamente. Al punto che sarebbe stato capace di mettere il suo sentimento davanti alla sua famiglia, come per altro ha fatto più volte. Ma ecco che, negli occhi di Jon Snow, si accende la luce della pietà, nei confronti di una regina, Dany, che rispetta, ma che non riconosce più. Daenerys è l’esempio di quanto, anche nei cuori inizialmente più nobili, il potere sia tossico, malsano al punto da drogarti. La Madre dei Draghi doveva morire, perché credeva anche lei solo nella “sua” giustizia e, a quel punto, avrebbe fermato chiunque altro l’avesse ostacolata.

Per lo stesso motivo, Jon Snow non è diventato Re. Neanche se gli avessero donato il Trono di Spade (per altro distrutto, da un Drogon spezzato dal dolore per la morte di sua madre), lui ci si sarebbe seduto, potete giurarci. A lui il potere non interessa. Ha sempre creduto nelle persone, fino al punto di mettere in dubbio se stesso. Un re può credere solo a se stesso, non nella bontà altrui. E’ sempre stato troppo ingenuo per essere un sovrano, perché ha sempre creduto che chiunque potesse redimersi. E così si è rifugiato nell’unico posto al mondo in cui non esistono troni o corone, dove ciò che conta è come sei e come riesci a cavartela sempre.

Arya non è mai stata portata per essere in gabbia. Ha avuto la sua libertà. Non è mai stata libera di essere se stessa: voleva essere una condottiera e volevano che fosse una Lady. E’ fuggita dal suo destino, dalla gente che l’avrebbe cambiata, è scappata dalla morte e dai sentimenti mille volte. Alla fine è scappata anche dall’unica cosa che l’ha spinta a non arrendersi: la vendetta. Ora è libera dalle catene della sua vita, finalmente può correre verso nuovi posti, spinta dalla sua curiosità. I fan chiedono a gran voce uno spin-off sulle sue avventure ad Ovest e noi non vediamo l’ora di sapere se questa serie si farà!

Sansa è forse l’unica che ha vinto, nella vita e nella serie televisiva. Lei, che era solo un uccellino spaventato, frivola ed indifesa, ha visto l’Inferno con i suoi occhi ed è tornata indietro, più e più volte. Non ha mai mollato, nemmeno per un secondo, l’idea che casa, il Nord, fosse il suo posto sicuro, intoccabile e sacro, perché suo padre, Ed, aveva investito la sua vita per la sua gente. Sansa è la Regina che il Nord voleva, fiera delle sue origini, l’unica a non essersi inginocchiata a chi voleva stravolgere le loro tradizioni. Ha combattuto sempre e solo per la sua famiglia, per i valori della sua gente, anche a costo di diventare la più odiata di Westeros. E adesso lei ha la sua corona con i due lupi, un porto sicuro, finalmente libero dalla corona, indipendente da qualsiasi tipo di vincolo.

Tyrion è sempre stato la voce della coscienza, il saggio che ha covato tanto sapere e buon senso, per difendersi dal suo aspetto. Ha avuto la sfortuna di nascere in una famiglia complessa, dalle personalità troppo forti, ma dall’aspetto ancor più convincente. Piccolo di natura e anche messo a confronto di sua sorella, suo padre, un castello pieno di ombre, in cui ha sempre amato nascondersi. Nell’epilogo ha avuto la pena più grande: servire ancora una volta un re, per cercare di contenerne la sua sete di potere. E, per sua esperienza, sa benissimo che contenere le mire autoritarie di un sovrano è praticamente impossibile.

Bran è il Re degli ormai Sei Regni. Custode della storia, del passato, del presente e del futuro. Privo ormai di qualsiasi sentimento terreno, è un Corvo a Tre Occhi. Ho apprezzato l’allegoria del far sedere un Re su una sedia a rotelle e non più su un trono. Senza corona e senza fregi. Credo che, in qualche modo, Bran rappresenti la materializzazione della concezione del sovrano, contro quella che lo vorrebbe perfetto, quasi una divinità. Anche i re sono sbagliati, a volte, la storia ce lo insegna. Ma, più di tutto, un grande re non si arrende mai, neanche quando la vita gli ha tolto la forza e l’indipendenza. Però gli ha dato la virtù.

Brienne è la nota dolente di tutto l’intero plot dell’ottava stagione. Ce l’hanno mostrata condottiera, combattiva, instancabile guardia del corpo e donna fiera, sempre, a qualsiasi costo. Non si è mai fatta schiacciare dal peso delle figure maschili perché, dietro la sua armatura, lei ha sempre nascosto grande dignità. Ma che senso ha avuto indebolirla, farle credere che Jaimie potesse ricambiare il suo amore? Perché illuderla sul futuro del loro rapporto? Grazie per averci regalato di nuovo quella fierezza, nella scena in cui scrive la biografia di Jaimie Lannister. Brienne è la donna che tutte vorremmo essere, che sta bene con un uomo, ma che sta anche meglio senza. Che si piega, ma non si spezza mai, neanche con il cuore spezzato. E che ammette, anche davanti all’evidente affronto, che grande uomo abbia avuto accanto.

Non c’è spazio per i sentimenti nel Trono di Spade, anzi, proprio l’amore (motore di tutto) qui si dimostra il veleno più potente di tutti. Cersie e Jaimie muoiono schiavi del loro amore malato, incestuoso ed incomprensibile. Daenerys muore a causa del suo amore per Jon, che muore con lei, anche se in modo figurato, nel disperato tentativo di comprendere se il suo sia stato un gesto più o meno giusto. Jorah Mormont era morto nel difendere l’unico amore della sua vita, la Madre dei Draghi.

Quindi, cosa ci rimarrà? La convinzione di non aver sprecato del tempo, nella serie televisiva più bella di sempre. Non è fantasy, non è drammatica, è un mondo che si è aperto ai nostri occhi, qualcosa che non si potrà mai ripetere nella storia del cinema. E, in tal senso, per citare Daenerys, “è difficile immaginare qualcosa che ancora non si è mai visto”. Noi non avremmo mai potuto neanche lontanamente creare un universo così perfetto, così ben raccontato. Nota di merito di questa stagione, assolutamente la colonna sonora, da brivido, dall’inizio alla fine.

E, per noi nostalgici, la HBO ha dato il via libera alla produzione di un prequel de Il Trono di Spade che si ambienterà durante l’Età degli Eroi. Quindi il tutto inizierà diverse migliaia di anni prima della storia raccontata dalla serie madre. Lo stesso papà dell’intera saga ha dichiarato

Stiamo sviluppando 5 serie prequel. Non mi è permesso rivelare molto o la HBO mi strappa le unghie, ma una delle serie – il cui titolo di lavorazione è The Long Night [La lunga notte] – ha ottenuto il semaforo verde per l’episodio pilota. Jane Goldman è la showrunner… in questo momento ci stanno lavorando. Non so quando inizieranno esattamente le riprese, ma il progetto sta andando avanti. Nel frattempo, le altre 4 si trovano in diverse fasi di sviluppo.

 

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