Chi ha premuto il telecomando che fece deflagrare l’esplosivo? Il boss Giovanni Brusca o qualcun’altro? C’erano entità esterne alla mafia quel giorno a condizionare gli stessi mafiosi? Sembra incredibile ma sono non pochi, fondamentali e molto oscuri i misteri della strage di Capaci. Quel 23 maggio 1992 un attentato di Cosa Nostra assassinò il giudice Giovanni Falcone, la moglie anch’essa magistrato Francesca Morvillo, gli uomini della scorta: Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani.
QUATTRO PROCESSI NON BASTANO
Il corteo di auto del giudice saltò in aria alle 17:56 sull’autostrada che dall’aeroporto conduce a Palermo, all’altezza dello svincolo di Capaci. Sono passati 27 anni. Si sono celebrati quattro processi, con più di venti mafiosi condannati all’ergastolo. Sulla dinamica stessa del più crudele e spaventoso attentato mafioso di sempre in Italia restano ancora molte ombre. Buchi neri, piste mai battute, ipotesi sconvolgenti.
DI MATTEO: “VERITA’ SOLO PARZIALE…”
“La verità che è stata accertata, mi sento di dirlo con cognizione di causa, è ancora una verità parziale“, ha dichiarato di recente il pubblico ministero Nino Di Matteo al giornalista Andrea Purgatori per la trasmissione Atlantide su La7.
TRATTATIVA STATO-MAFIA
Di Matteo è il magistrato che ha condotto le indagini sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia all’indomani delle stragi di Capaci e Via D’Amelio (assassinio di Paolo Borsellino e della sua scorta). Lo scorso aprile, in primo grado, i giudici di Palermo, accogliendo l’impianto accusatorio di Di Matteo hanno emesso svariate condanne. Tra le pene inflitte, 12 anni di carcere al fondatore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri, considerato dal pubblico ministero “cinghia di trasmissione” fra le richieste della mafia e Silvio Berlusconi (Forza Italia ha annunciato querela). Hanno ricevuto la stessa pena gli allora vertici del Ros (Reparto operativo speciale dei carabinieri), Mario Mori e Antonio Subranni.
“NON ERA SOLO COSA NOSTRA…”
“La lettura analitica delle sentenze che sono state emesse ci porta a ritenere che è stato possibile – ma mi sento di dire altamente probabile – che insieme agli uomini di Cosa nostra abbiano partecipato alla strage, nel momento del mandato stragista, organizzazione ed esecuzione, anche altri uomini estranei alla mafia“, ha spiegato Di Matteo nel corso dell’intervista a Purgatori, andata in onda su La7 sabato scorso 18 maggio.
I GIUDICI DI CALTANISSETTA
Il riferimento fatto dal pubblico ministero è alle motivazioni del cosiddetto processo Capaci bis, come spiega Giuseppe Pipitone sul Fatto Quotidiano. È l’ultimo procedimento sulla strage del 23 maggio 1992, nato dopo la confessione di Gaspare Spatuzza che ha riscritto la fase esecutiva della strage. “Nel presente procedimento viene a formarsi un quadro, sia pure non ancora compiutamente delineato, che conferisce maggiore forza alla tesi secondo cui ambienti esterni a Cosa nostra si possano essere trovati, in un determinato periodo storico, in una situazione di convergenza di interessi con l’organizzazione mafiosa, condividendone i progetti e incoraggiandone le azioni“, hanno scritto i giudici della corte d’assise di Caltanissetta. Più di millecinquecento pagine di sentenza in cui i magistrati elencano anche i temi “suscettibili di ulteriori approfondimenti”. Sono i pezzi mancanti della strage di Capaci. A 27 anni di distanza.
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