I populisti avanzano ma non sfondano nelle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo 2019. Arriva invece da molti paesi, anche se non dall’Italia, una “onda verde” neo-ecologista. In Germania regge Angela Merkel, seguita dai Verdi. In Francia Marine Le Pen si afferma, ma avrà gli stessi seggi di Macron, i gilet gialli invece prendono pochissimo. Nel Regno Unito vola il Brexit party di Farage, primo partito Ue insieme alla Cdu tedesca. Ed è anche boom dell’affluenza.
Alle europee in Ungheria il partito di Viktor Orban, Fidesz, stravince le elezioni. Il voto “mostra come gli ungheresi credano alla necessità di un cambiamento a Bruxelles”, afferma il premier. In Austria vincono popolari di Kurz, Fpoe terzo. I socialdemocratici secondi davanti all’ultradestra.
In Grecia Nuova Democrazia in testa a 34%, Syriza a 27%, Alba Dorata arretra, al 6%. E il premier greco Tsipras chiede al presidente della Repubblica elezioni anticipate dopo essere stato battuto dal conservatore Nea Dimokatia (ND) di Kyriakos Mitsotakis.
In Spagna successo netto dei socialisti del premier Pedro Sanchez. Arretra l’ultradestra Vox. Eletti anche Junqueras e Puigdemont. In Olanda scivolone per il Partito per la Libertà (Pvv) di Geert Wilders, alleato della Lega di Matteo Salvini, alle Europee in Olanda. Secondo Europe Elects, con l’85% dei voti contati, la formazione registra il suo record più basso e non raggiunge la soglia del 3,85% restando senza seggio all’Eurocamera.
A Malta si conferma la netta vittoria del partito laburista del premier Joseph Muscat, al 55%. I centristi del partito nazionalista seguono al 37%. Il Fine Gael (Ppe, europeista) del premier Leo Varadkar si conferma primo partito in Irlanda. Mentre restano al palo gli storici rivali del Fianna Fail (Alde) che nelle parallele elezioni locali sono testa a testa col partito di governo, ma alle Europee rischiano di cedere persino il secondo posto ai Verdi, che volano dall’1,6 al 15%.
Il partito ultraconservatore Diritto e Giustizia (PiS/Ecr) di Jaroslaw Kaczynski è in testa nel voto in Polonia col 42,40%. Lo segue a stretto giro la Coalizione europea, la lista unica formata dai principali partiti di opposizione, tra cui la Piattaforma civica di Donald Tusk. Emerge dalle stime sulla base degli exit poll, pubblicate dal Parlamento europeo. Kukiz’15, gli alleati del M5S, col 4,10% non riescono invece a superare la soglia di sbarramento, fissata al 5% in Polonia.
In Romania i primi exit poll danno testa a testa il partito socialdemocratico al governo (Psd) e il principale partito di opposizione, il Pnl (Partito nazionale liberale): entrambi si attestano, secondo i primi dati, al 25,8%. Ottimo risultato che va anche oltre le aspettative per la neoformazione (anch’essa di opposizione) dell’Usr (Unione Salvati Romania, una sorta di Movimento 5 stelle romeno), che secondo i primi exit poll della Curs-Avangarde, sfiorano il 24% delle preferenze. Molto più indietro le altre formazioni e crollo dell’Alde che, almeno per il momento, non ha toccato neppure il 5% delle preferenze.
In Finlandia, secondo gli exit poll, i conservatori del National Coalition Party sono in testa con il 20,9%, seguiti dai socialdemocratici al 16,7 (che perdono così il primato ad appena un mese dalle elezioni politiche), dai Verdi al 14,4 e dal Partito di Centro. Indietro i Veri Finlandesi alleati della Lega di Matteo Salvini, che sono al 13,1%: in calo di 4 punti rispetto alle elezioni politiche di aprile che li avevano consacrati come secondo partito.
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