Il governo Conte continua il suo cammino che però, dopo il voto alle Europee, diventa molto faticoso. Che l’Esecutivo vada avanti lo hanno detto prima il vincitore delle elezioni, Matteo Salvini, poi lo sconfitto, Luigi Di Maio. Le urne hanno tuttavia ribaltato i rapporti di forza rispetto alle politiche di un anno fa. Ora è la Lega al 34,4% mentre i Cinque Stelle sono precipitati al 17%, dietro al Partito democratico che li stacca di 5 punti.

Sono perciò non pochi i paletti posti sia da Matteo Salvini che dallo stesso Di Maio. Il primo, in particolare, spinge forte perché ora il Governo Conte realizzi l’alta velocità ferroviaria Torino-Lione e l’autonomia regionale. Il secondo, sui due punti, nicchia; e lo fa dall’alto di un potere negoziale clamorosamente ridotto dal verdetto delle Europee.

Ma c’è anche un dietro le quinte, sottolinea il quotidiano Libero, ciò che Salvini ha detto a Di Maio davvero. Richieste molto più serrate, un vero e proprio “cronoprogramma”, per usare le parole attribuite da Repubblica a Salvini. Nel dettaglio si tratta di sei condizioni inderogabili che il ministro dell’Interno, ormai premier in pectore, impone ai grillini per proseguire nell’esperienza del governo gialloverde.

Altrimenti, tutti a casa. E i leader dei Cinque Stelle sanno benissimo che tornare al voto adesso per il Movimento sarebbe potenzialmente disastroso. Non solo Tav e autonomia, però: Salvini vuole il sì anche su cantieri, decreto sicurezza, riforme fiscali e riforma della giustizia. E vuole tutti questi ok entro l’estate, entro trenta giorni, perché per tornare al voto a settembre (ipotesi contemplata in via Bellerio) la crisi va aperta entro il 15 luglio.

Insomma, il piano del leader della Lega appare molto stringente: per restare al governo vuole comandare e imporre la sua agenda; altrimenti, ritorno al voto in tempi rapidi per sbancare alle urne e capitalizzare il clamoroso consenso di cui può godere. Bisogna però “fare i conti con l’oste”: il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Solo lui può sciogliere le Camere e mandare il Paese al voto subito. E non è detto che voglia farlo.

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