In Francia, per motivi igienici, nelle piscine pubbliche è vietato l’uso del burkini, cioé il vestito che copre il corpo delle donne dalla testa i piedi come “un costume da bagno”. Succede esattamente a Grenoble, Francia sud-orientale, dove un gruppo di donne ha voluto manifestare per la loro libertà , rivendicando i propri diritti di entrare in acqua come vogliono, anche  con il costume integrale tipico della cultura islamica. Infatti un gruppo di musulmane ha invaso la piscina comunale entrando in acqua con il burkini e gridando:  “Facciamolo, facciamolo. E un giorno sarà fatto (sarà normale).

Contestazioni a Grenoble

Come raccontato da TGCOM24, le attiviste sono state accompagnati dai volontari dell’Alliance citoyenne de l’agglomeratione grenobloise, e sono entrate nel pomeriggio di domenica 23 giugno in una piscina comunale del centro della città. Le loro gesta sono state immortalate dai media locali, convocati appositamente, e la loro contestazione è stata pacifica, realizzandosi e portandosi a termine senza tensioni e scontri con nessuno, tanto meno con la polizia giunta a bordo vasca; la piscina, infatti, ha contattato le forze dell’ordine subito dopo aver notato la dimostrazione. Si tratta del secondo caso a Grenoble, dove la medesima associazione si era intrufolata – in nome della “disobbedienza civile” – in un altro impianto pubblico della città. L’iniziativa non è affatto nuova: già un anno fa, l’associazione aveva promosso proteste simili contro l’ordinanza di Eric Piolle, sindaco di Grenoble, che aveva vietato l’utilizzo del burkini nelle piscine comunali. I fatti di domenica scorsa, però, hanno suscitato reazioni opposte sui social network. Uno dei sostenitori della protesta, Taous Hammouti, ha dichiarato: «Quella norma discrimina non tanto le donne musulmane, quanto i loro figli, che non potrebbero essere accompagnati in piscina dalle loro mamme. Martin Luther King, però, amava ripetere che il potere va sfidato». Non mancano ovviamente gli attacchi dei partiti di destra, ma qualche critica è giunta anche da giovani di fede musulmana: «In un paese come la Francia non può esserci spazio per il burkini. La comunità islamica deve saper rispettare le leggi di questo paese».

Come nasce il Burkini?

Il burkini nasce 10 anni fa grazie all’idea di una stilista di Sydney, Aheda Zanetti, figlia di una libanese. L’ideatrice ha rivoluzionato il modo di stare in spiaggia per tante donne islamiche, «Volevo convincere le donne musulmane che nuotare non è un peccato» dice la stilista. «Oggi i mariti vengono a comprare costumi da bagno per la moglie e le figlie, in modo che tutta la famiglia possa andare in spiaggia». Nel 2006 anni fa il burkini veniva venduto a 65 sterline australiane. Adesso, su ebay, si trovano modelli a partire da 13,79 agli oltre i 60 dollari americani, spese di spedizione escluse. Secondo il Corano, infatti, non è lecito per le donne mostrarsi in pubblico nude, per non attirare la morbosità degli uomini. Si possono frequentare stabilimenti balneari solo a corpo coperto, secondo le indicazioni dei leader religiosi islamici.

 Marco Orioles, sociologo ed esperto di Islam in Europa

“Il burkini non è un simbolo religioso. E’ solo uno degli indumenti che l’Islam politico vorrebbe imporre alle proprie donne. Qui c’è un tentativo di “ri-islamizzare” la popolazione musulmana d’Europa e di fare in modo che mostrino anche con le apparenze esteriori la loro appartenenza islamica. Diverse organizzazione islamiche lo impongono per “tenere unito il gregge” e per catechizzarlo. Istillare il criterio del pudore nelle donne è uno degli strumenti per conquistare il loro consenso e quello dei mariti prima di tutto. Il burqa e il burkini sono invenzioni moderne, che non hanno nulla a che vedere con le loro tradizioni. Il Corano vieta la nudità, non parla di velo”.