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Capelli afro: Donne libere di essere se stesse, grazie ad una legge

California, primo stato a proporre una legge contro le discriminazioni per i capelli afro naturali

Oggi chi punisce o licenzia persone per il suo modo di portare la sarà perseguibile per legge. Nel 2019 è ancora possibile ed accettabile essere discriminati sul lavoro per i propri capelli naturali?

Partiamo dalla storia

I capelli afro non sono solo una rappresentazione estetica di sé, ma contengono la traccia storica del passato dei neri che continua a influenzare e spesso a condizionare la cultura delle donne nere.
Questi capelli sono carichi di un connotato simbolico e sociale che ignoriamo come società occidentale, essendo stata quest’ultima all’origine di questa privazione. Questa storia inizia nel 1400 con lo schiavismo, quando la capigliatura dei neri fu usata come strumento per annientarne la dignità e l’identità culturale.  L’intreccio dei capelli era un’arte, e la quantità e varietà di queste acconciature era straordinaria.

Treccine tra le star

Siamo abituati a vedere le donne afro con le treccine o con i capelli lunghi e allisciati. Un ulteriore conferma di questo fatto arriva da famose star come Beyoncé Rihanna, dalla modella Naomi Campbell o addirittura da donne del passato come Ella FitzgerardBillie Holiday o la più vicina first ladyMichelle Obama.

The Crown Act

Proprio in questi giorni in California, è al vaglio la prima proposta di legge che vieta la discriminazione dei capelli naturali sul posto di lavoro. Chiamata the Crown Act, è stata introdotta dalla senatrice Holly J Mitchell, una donna di colore intenzionata ad abbattere  le barriere e i preconcetti che aleggiano ancora intorno a chi porta i capelli afro. “Fino a poco tempo fa, cercando ‘acconciature non professionali’ su Google ci si imbatteva in foto di donne di colore con capelli afro naturalio treccine”, argomenta Mitchell su The Independent, “il mio obiettivo è quello di scardinare questi falsi miti sulla professionalità sul posto di lavoro”, continua.

La proposta di Mitchell è scaturita a seguito di un episodio di cronaca recente: Chastity Jones, una donna di colore dell’Alabama, aveva sporto denuncia alla corte suprema degli Stati Uniti dopo essersi vista recedere un’offerta di lavoro per essersi rifiutata di tagliare i suoi dread. Un’acconciatura che il capo delle risorse umane dell’azienda in questione – un uomo bianco, ça va sans dire – aveva definito non in linea con gli standard della compagnia, poiché “tende a essere disordinata”. E via di denuncia. Ma Jones non è l’unica ad aver subito e parlato apertamente delle discriminazioni che circondano ancora i capelli afro.

Testimonianze

Discriminazioni che non risparmiano neppure le celebrity.  Un altro episodio è accaduto la scorsa settimana, sulle pagine di Elle Weekly, in cui si dice che l’attrice Zoe Kravitz figlia di Lisa Bonet e Lenny Kravitz confessava: “A Miami andavo in una scuola privata, con bambini ricchi, per lo più bianchi. Mi sentivo strana, perché avevo i capelli differenti da quelli degli altri e i miei compagni venivano a chiedermi ‘posso toccarli? Quello che mi faceva sentire diversa era anche quello che non mi piaceva di me stessa. Avrei voluto stirarmi i capelli, e ricordare a tutti che per metà ero bianca”.

In attesa di firma

Dopo essere passata all’unanimità in Senato, la proposta di legge è ora in attesa della firma di Gavin Newsom, governatore della California da gennaio 2019.

A New York

Nella città di New York, a febbraio, è stato approvato un nuovo regolamento che vieta a scuole e aziende di avere regole sulle pettinature che discriminano le minoranze etniche e in particolare gli afroamericani. Le nuove regole spiegano che le regole contro certi tipi di acconciature “sono spesso radicate in standard estetici dei bianchi e perpetuano stereotipi razzisti per cui le acconciature afroamericane sarebbero poco professionali”.  Le violazioni del nuovo regolamento saranno punibili con una multa fino a 250.000 dollari.

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