Alle prime luci dell’alba di oggi 22 luglio un elicottero ha tratto definitivamente in salvo in Pakistan Francesco Cassardo (a destra nella foto in alto). L’alpinista torinese era rimasto ferito durante la discesa dal Gasherbrum VII, una delle vette più alte del mondo sulla catena dell’Himalaya. I compagni, che lo avevano raggiunto a piedi a 6.300 metri di altitudine, erano riusciti con grande coraggio a portarlo a una quota più bassa.
Il velivolo con a bordo l’alpinista nostro connazionale è arrivato nell’area di Skardu, nel Gilgit Baltista. Lo rende noto un funzionario del Club Alpino del Pakistan, secondo quanto riporta online l’Ansa. Lo scalatore si trova in ospedale per le cure.
Sulle condizioni di Francesco Cassardo non ci sono ancora dati certi. Chi lo ha visto racconta di una lesione a un femore e di una brutta contusione alla testa che però è risultata meno preoccupante di quel che sembrava. Il suo compagno di cordata, Cala Cimenti, dopo averlo raggiunto a quota 6.300 metri, è stato parzialmente rassicurante. “Francesco è grave ma è cosciente – ha detto -. È vigile, lucido, e ci aiuta, da medico, a dare le indicazioni necessarie”.
Ma a un certo punto l’angoscia aveva fatto breccia anche su di lui: “Fate volare l’elicottero, vi prego”. Cassardo, residente a Rivoli (Torino), lavora in un ospedale della provincia. Nella prima parte della spedizione in Pakistan ha aiutato i colleghi di un piccolo ambulatorio locale a far funzionare un ecografo. Aveva regalato scatole di medicine introvabili da quelle parti. Poi ha dato sfogo all’altra sua grande passione: l’alpinismo.
Era però meno acclimatato nella zona rispetto al compagno e amico Cala Cimenti. Perciò era salito più lentamente verso la vetta del ghiacciaio. All’improvviso è precipitato. Cala lo ha raggiunto e la macchina dei soccorsi si è messa subito in moto. Il problema erano gli elicotteri: non se ne trovava uno disponibile. Dal Ministero degli Esteri, che ha esercitato pressioni su pressioni, riportano che era un problema di altitudine: troppo elevata. Altre fonti aggiungono che ieri, domenica 21 luglio, c’erano non meno di altri otto interventi in corso, a cominciare dal K2.
E poi burocrazia, noie con le assicurazioni, intoppi veri o pretestuosi. Marco Confortola, fermo nel campo base a quota 5.500, stava festeggiando la conquista del suo undicesimo Ottomila. È stato lui a dare il via alla macchina dei soccorsi con una telefonata ad Agostino Da Polenza, del comitato Ev-K2-Cnr. Per avere l’elicottero le hanno tentate tutte, ma è stato inutile. “Mi sembra di vivere in un incubo”, si è sfogato Confortola su internet.
Cima, intanto, scavava una trincea di neve per proteggere il compagno dalle raffiche di vento. Dal campo sono partiti gli alpinisti Denis Urubko e Dan Bowie, ai quali si sono aggiunti due colleghi polacchi. Una volta sul posto hanno assemblato alla meglio una specie di slitta e hanno portato Francesco a una quota più bassa. Una corsa contro il tempo. E anche, come è stato definito, “un magnifico esempio di solidarietà alpinistica”.
Photo credits: Twitter