Sesto caso di meningite registrato all’ospedale di Senigallia, in provincia di Ancona. E, riporta il Messaggero, c’è già un settimo caso sospetto che allarma i medici.

Nelle ultime ore due ragazzi si sono presentati al pronto soccorso con gli stessi sintomi. Si tratta di giovani sui 35 anni circa, come gli altri cinque casi. Per uno di loro ancora non è arrivato il referto anche se al pronto soccorso gli hanno detto che si trattava quasi certamente di meningite virale. Non è contagiosa e si può guarire ma il numero dei casi sta diventando piuttosto frequente.

Casi, a volte frequenti, di meningite si sono registrati in questi ultimi anni in varie zone d’Italia. Dalla Toscana alla Campania, e dalla Lombardia all’Emilia. Vediamo in linea più generale cosa provoca questa infezione e come è possibile difendersene.

Ci sono tre batteri che provocano la meningite, di cui il più pericoloso è il meningococco. La trasmissione da una persona all’altra avviene attraverso le secrezioni respiratorie, ma bisogna segnalare che la causa della maggior parte dei casi di contagio è rappresentata dai portatori sani del batterio e soltanto il 0,5 % degli infetti attacca la meningite ad altre persone.

Nel 10-20% dei casi la malattia può avere un percorso accelerato e portare alla morte in poche ore. I soggetti ritenuti più a rischio sono i bambini piccoli e gli under 25, perché le maggiori situazioni di socializzazione favoriscono il contagio. Sono disponibili diversi vaccini, ma i dati sui bambini segnalano delle criticità: per esempio un bambino su quattro non è stato vaccinato contro il meningococco c.

I sintomi non sono facili da riconoscere all’inizio. Si comincia con una febbre e uno stato influenzale; poi seguono un forte mal di testa, rigidità muscolare e aumento della febbre. Dopo circa 20 ore si inizia a perdere conoscenza, arrivano delle convulsioni e compaiono delle macchie sul corpo. La cura consiste nella profilassi, una terapia antibiotica specifica, che prima viene fatta più aumentano le possibilità di guarigione. Anche chi è stato a stretto contatto con il malato deve sottoporsi a profilassi, mentre chi ha avuto rapporti più occasionali deve solo stare attento all’eventualità di una comparsa dei sintomi, ma è molto difficile essere contagiati, anche perché il batterio che provoca la malattia non sopravvive nell’ambiente esterno e, quindi, non può verificarsi una contaminazione ambientale.

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