Rilassato. Sereno. Divertito. E’ apparso così al pubblico del Festival Nazionale del Cinema e della Televisione di Benevento, Saverio Costanzo, regista di grandi opere cinematografiche (da “Private” a “Hungry Hearts”, da “In memoria di me” a “La solitudine dei numeri primi”) e ora impegnato con le riprese della seconda stagione de “L’amica geniale”. Nell’ambito della terza edizione kermesse campana, il cineasta romano ha partecipato a un incontro pubblico moderato dal giornalista Andrea Morandi (direttore editoriale di HotCorn, il magazine sul cinema e le serie TV di Chili Tv), in cui ha ripercorso le tappe della sua carriera, ha parlato delle sue passioni artistiche e anche del suo impegno con la serie televisiva tratta dai romanzi di Elena Ferrante, la cui prima stagione ha fatto il record di ascolti su Rai1. La serie riprenderà la narrazione dal matrimonio di Lila e Stefano, e seguirà le due protagoniste (Lila, appunto, e Lenù) alle prese con i cambiamenti nella vita, negli amori, negli studi e nel lavoro.

Abbiamo iniziato a lavorare alla seconda stagione de ‘L’amica geniale’, i primi tre episodi sono terminati, e ora Alice Rohrwacher ne sta girando altri due. Serviranno altri tre mesi di riprese circa per completare altre tre puntate, mentre la messa in onda dovrebbe essere a febbraio 2020”.

Saverio Costanzo alle prese con le riprese de “L’amica geniale 2”, da febbraio 2020 in onda

Da sempre sostenitore del cinema prima che della televisione (“Credo molto nel cinema come forma di linguaggio assoluto, e credo che il buono della televisione venga dal buono che il cinema ha dato alla narrazione per immagini” aveva dichiarato ritirando il suo Ciak d’Oro 2019 lo scorso giugno), Costanzo tornerà a lavorare per il grande schermo una volta portata a termine l’esperienza de “L’amica geniale”. Ma non smette di affermare che il suo vero amore è quello per la settima arte.
Credo sia interessante, per chi fa un lavoro sul linguaggio, poter alternare un po’ di tv e un po’ di cinema. Ci sono storie come quelle narrate ne ‘L’amica geniale’ che non potrebbero essere contenute in un unico film e che hanno bisogno di una dilatazione del racconto. Ci sono poi storie che funzionano solo per il cinema. Io preferisco quest’ultimo, perché il sistema di lavoro delle serie è molto lungo, sai quando inizi ma non sai mai quando finisci: mantenere alta la qualità è molto difficile. Il mio scopo è di fare subito un altro film, e credo che il cinema sia il mezzo che permette di portare avanti meglio la ricerca sul linguaggio e sulla forma”.

Saverio Costanzo premiato al Festival Nazionale del Cinema e della Televisione di Benevento per la Miglior serie tv dell’anno

Guardando al filmografia del regista (figlio di Maurizio Costanzo e della giornalista Flaminia Morandi) risulta subito evidente che la maggior parte dei suoi lavori sono tratti da opere letterarie: il film con Alba Rohrwacher e Adam Driver “Hungry Hearts” è tratto dal romanzo “Il bambino indaco” di Marco Franzoso, “La solitudine dei numeri primi” (con Luca Marinelli e Isabella Rossellini) viene dall’omonimo libro di Paolo Giordano (vincitore del Premio Strega, tra gli altri riconoscimenti, nel 2008), “In memoria di me” (con Filippo Timi e Hristo Jivkov) è ispirato al romanzo “Lacrime impure” di Furio Monicelli. Una responsabilità non da poco, quella di trasformare in immagini le pagine di libri importanti e conosciuti, soprattutto quando si tratta di far diventare serie tv una collana di bestseller come quelli di Ferrante.
Nel caso di Elena Ferrante mi sento quasi a rischio linciaggio se sbaglio. Devo ammettere che ho sempre amato molto i suoi libri, ed è stata lei a coinvolgermi nel progetto: ricordo chiaramente di aver ricevuto una telefonata da parte della casa editrice, in cui mi si diceva che era stata proprio lei a volermi per dirigere la versione televisiva dei suoi romanzi. In quel momento avevo appena finito di girare ‘La solitudine dei numeri primi’, e l’idea di cimentarmi di nuovo con un bestseller mi impensieriva, mi spaventava: avevo però la sensazione forte che il mio essere regista abbia molto a che vedere con il mio essere fruitore di letteratura, quindi mi sentivo di poter dare allo spettatore quello che io stesso, da lettore, avevo provato, senza tradirlo. Ho risposto subito di sì alla telefonata”.

Saverio Costanzo: “Non ho mai incontrato Elena Ferrante, comunico con lei attraverso la posta elettronica”

Confessa di non conoscere Elena Ferrante, di non averne mai sentito nemmeno la voce al telefono. “Comunico con lei attraverso le e-mail, che scrivo alla casa editrice, e da cui ottengo le risposte” afferma, aggiungendo che questo tipo di processo ha reso più difficoltoso e lungo il lavoro delle riprese e le decisioni produttive su alcune scene. E’ invece del tutto indipendente, Saverio Costanzo, nelle scelte relative alla produzione dei suoi film. E quando gli si chiede quali siano stati i suoi punti di riferimento cinematografici, non ha dubbi.
Chi mi ispirò molto nei confronti della settima arte fu il cinema danese del ‘95, il ‘Dogma 95’ che era una provocazione di Lars Von Trier, ma per un ragazzino studente di sociologia a Roma l’idea che si potesse fare cinema usando delle piccole telecamerine (e loro sono stati i primi a dircelo e mostrarcelo) fu per me un motore. Quello fu il mio primo moto propulsore verso il cinema, poi arrivò la ricerca, che mi portò a conoscere e studiare Ingmar Bergman, Federico Fellini, Stanley Kubrick, Roman Polanski. Da lì pian pian si formò il mio pantheon di registi, fatto anche di altri nomi come il messicano Carlos Reygadas, Paul Thomas Anderson, Martin Scorsese, l’austriaco Michael Haneke. Devo ammettere che mi piace tutto il cinema, e che più si diventa consapevoli di ciò che si fa, più gli idoli diventano pochi, perché si comincia a capire meglio come si guarda, cosa si guarda. A quel punto il cinema non diventa più un’ispirazione: quella, dopo un po’, si prende fuori dal cinema”.

Saverio Costanzo, da “Private” a “Hungry Hearts” passando per “In Treatment” e “L’amica geniale”, una carriera tra cinema e televisione

Alla domanda di Andrea Morandi “Se potessi scegliere un attore e un’attrice qualsiasi per il tuo prossimo film, chi sarebbero?”, Saverio Costanzo non ha dubbi.
Mi piacerebbe avere Dustin Hoffman da giovane, nel periodo in cui girò “Il laureato”. Avrei bisogno proprio di un attore come lui, archetipico. Hoffman porta con sé la testimonianza di un’epoca, di uno stato d’animo: è da sempre non troppo alto ma vitale, nervoso, possiede un vitalismo di cui oggi c’è bisogno. Quando penso al personaggio di un film che magari sto scrivendo, mi viene in mente lui. Quanto all’attrice, devo ammettere che ho lavorato con Alba Rohrwacher che, oltre a essere la mia compagna di vita, è una persona con cui mi piace moltissimo condividere il set, di cui ho una stima umana e professionale vera: mi piacerebbe lavorare ancora con lei”.

Saverio Costanzo e Alba Rohrwacher, compagni nella vita spesso insieme sui set del cinema e della tv

I suoi film non si sono certo distinti per aver sbancato i botteghini: la cifra stilistica tipica di Saverio Costanzo, è da sempre l’autorialità, unita alla ricerca del linguaggio e alla raffinatezza dell’immagine. Ma in un’epoca in cui ad affermarsi al cinema sono sempre di più i blockbuster, i film sui supereroi infarciti di effetti speciali e storie di norma poco originali, quanto può pesare ancora l’autorialità?
Dipende” afferma Costanzo. “A me lo scrittore che è anche regista interessa di più, sono aspetti che determinano la natura di un autore: personalmente sono più interessato a sapere chi sta raccontando una storia, oltre alla storia che racconta. Non è più come gli anni ‘60 e ‘70, quando l’autore faceva anche una scelta politica, oggi ci sono tanti finti autori in un sistema come quello europeo. Il problema vero è cosa è il cinema oggi e quanti guardano il cinema oggi: se vai al ristorante, al tavolo accanto al 99% parleranno di una serie, non di un film. Le serie stanno diventando quasi dei film fatti da autori. Mi auguro che il cinema continui a essere al centro dell’attenzione e soprattutto che lo sguardo della persona che lo fa continui a essere al centro dell’attenzione”.

Quanto alla crisi del cinema, e alla chiusura sempre più frequente delle sale soppiantate dalla fruizione casalinga di prodotti cinematografici e televisivi, Saverio Costanzo pensa.
In sala ci sono sempre meno persone, questo va accettato, è una battaglia che si deve continuare a combattere, sapendo che oggi c’è un altro modo di vedere il cinema. Le serie tv stanno facendo un po’ da padrone, ma in quanti vedono una serie dall’inizio alla fine? Quanti sono coloro che guardano le prime due puntate e poi le abbandonano? Alla fine, in linea generale, il tempo che una persona dedica a una serie ha la durata di un film. Forse anche queste piattaforme (Netflix, Amazon Prime ecc) cominceranno a produrre molti più film: anche oggi ci sono prodotti più industriali ed altri che hanno un punto di vista più autoriale (ad esempio “Roma” di Alfonso Cuaron, che è stato prodotto da Netflix). Di base sento di poter dire che sono ottimista: penso che più sono i luoghi in cui vedere le cose, più è possibile imbattersi in cose belle”.