Un libro sul comodino di Angela Trentini
Un libro raffinato, frutto di un duro lavoro durato anni. Un’opera controcorrente rispetto ai tempi in cui viviamo. Con La speranza oltre le sbarre (Edizioni San Paolo) la giornalista Rai della redazione abruzzese, Angela Trentini, e il sacerdote teologo, vicino a papa Francesco, don Maurizio Gronchi, hanno compiuto un viaggio-inchiesta nel super carcere di Sulmona (L’Aquila). La prigione nota come il “carcere dei suicidi”. Il volume sta provocando in questi ultimi mesi un vivace dibattito nell’opinione pubblica.
Gli autori hanno ricevuto importanti riconoscimenti, come il Premio Paolo Borsellino 2018, pubblicamente lodati per il loro lavoro dal procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho. La loro è una riflessione che muove dalla voce dei protagonisti, in primo luogo di quelli che sono stati dalla parte sbagliata: boss e killer della mafia rinchiusi nel supercarcere di Sulmona. Ma non solo. Angela Trentini ha incontrato, e chiesto loro molte cose, anche i familiari delle vittime. Da Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni Falcone a Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato Paolo Borsellino.
“Il titolo del nostro libro potrebbe sembrare ingannevole – spiega Angela Trentini a VelvetMag -. Le sbarre non sono soltanto quelle del carcere né una barriera che schiaccia i carnefici. Sbarre ne ha ciascuno di noi nel suo cuore e nella sua intelligenza ogni volta che affronta il tema complesso della detenzione”.
Tuttavia La speranza oltre le sbarre non è un libro che affronti soltanto la questione della prigionia dei boss facendo loro raccontare la propria malavita. “Vuole essere qualcosa di più – racconta Trentini -: un messaggio che favorisca il superamento in ogni ambito sociale, non solo quello della galera, della logica della vendetta. Attraverso il confronto e, ogni volta che è possibile, il perdono”.
Nel supercarcere di Sulmona scontano l’ergastolo in regime di 41 bis (il cosiddetto carcere duro) i più feroci criminali del nostro Paese. Angela Trentini ha incontrato, fra gli altri, i due killer di Rosario Livatino, il “giudice ragazzino”, come spregiativamente lo definì l’allora presidente della Repubblica, Francesco Cossiga: Gaetano Puzzangaro e Domenico Pace. Quest’ultimo, in una lettera olografa al Papa, pubblicata per la prima volta nel libro, racconta se stesso. E soprattutto chiede di poter testimoniare al processo di beatificazione di Rosario Livatino che è in corso. “Domenico Pace – ci spiega Angela Trentini – era un bambino pastore la cui vita è stata immersa fin da subito in un contesto mafioso. Il suo ricordo più bello è la maestra delle scuole elementari. Una volta in prigione si preoccupa che la fidanzata sposi un amico, poiché lui non la potrà avere vicino a sé. E spera di non sognarla più per non soffrire la sua assenza”.
Sconvolgente anche la testimonianza di Domenico Ganci, figlio del boss Raffaele, fedelissimo di Totò Riina e corresponsabile degli omicidi dei giudici Falcone e Borsellino. “Un uomo incredibilmente e assurdamente convinto di avere la coscienza a posto perché si è tenuto sempre fedele ai valori della ‘famiglia’…”, racconta Trentini.
Spazio viene dato anche ai familiari delle vittime, in modo particolare a Manfredi Borsellino, Maria Falcone e Nando dalla Chiesa. Proprio Dalla Chiesa rivela tutta la sua difficoltà a concedere il perdono agli assassini di suo padre, il generale Carlo Alberto dalla Chiesa.
“Con Maria Falcone e altri congiunti delle vittime di mafia abbiamo avviato una collaborazione proficua. Maria e anche Fiammetta Borsellino hanno incontrato gli assassini dei loro familiari. Ognuno di loro porta la sua sensibilità: Maria Falcone vuole rivolgersi sempre ai giovani guardando al domani; Fiammetta Borsellino chiede verità per ciò che è stato e ancora non conosciamo del tutto”. Il libro si conclude con alcuni interventi di papa Francesco, raccolti da don Maurizio Gronchi. Riflessioni che illuminano sulla necessità della giustizia da un alto, e del riscatto dall’altro.
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