Partiamo con i numeri, quelli del Censis. Tra il 1 agosto 2017 e il 31 luglio 2018 sono state uccise 120 donne, di queste 92 sono morte per mano del proprio compagno o dell’ex compagno o di un familiare. Nei primi otto mesi del 2018 sono stati denunciati 2.977 atti di violenza sessuale, a cui si aggiungono 10.204 denunce per maltrattamenti in famiglia, 8.718 per percosse e 8.414 per stalking. Numeri che non chiedono solo una riflessione; chiedono di passare all’azione.
Proprio pochi giorni fa è arrivato il via libera definitivo dal Senato al Codice Rosso, il disegno di legge a tutela delle vittime di violenza domestica e di genere. Un insieme di misure che prevedono di velocizzare i tempi e inasprire le pene per chi commette questo tipo di reati; per lo stalking sono previsti fino a sei anni e mezzo di reclusione, per la violenza sessuale fino a 12 anni. Inoltre, entro tre giorni dalla denuncia di violenza, le forze dell’ordine devono trasmettere il fascicolo al pm, che è tenuto a riascoltare la vittima e ad aprire le indagini. Sono infine stati stanziati dal Dipartimento per le Pari Opportunità 37 milioni di euro che serviranno a potenziare il 1522 – numero anti-violenza e stalking -, e ad aumentare i fondi per i centri antiviolenza.
Un fenomeno radicato come la violenza di genere, però, non può essere arginato solo attraverso pene severe. Serve personale specializzato, in grado di aiutare le vittime, ma anche i loro carnefici. Sempre i dati Censis, infatti, ci dicono che senza un adeguato supporto psicologico gli stalker tornano a colpire nel 40% dei casi. La pena senza rieducazione, dunque, non si è rivelata fino a oggi particolarmente efficace. Lo sa bene l’avvocato Maria Luisa Missaggia, presidente della Onlus StudioDonne, che – come si legge nel sito – porta avanti un obiettivo tanto ambizioso, quanto urgente: sconfiggere la violenza di genere. “Il lavoro principale che svolgiamo con la nostra associazione – racconta a VelvetMag.it – è un lavoro di prevenzione e informazione nei confronti delle donne, seguendo dei protocolli che permettano di riconoscere il profilo dell’uomo violenti”. Di pari passo, però, la Onlus si occupa anche degli uomini maltrattanti: “Attraverso il metodo dei dodici passi, applicato in casi di dipendenza come la ludopatia, l’alcol e le droghe – possono essere ri-educati anche gli uomini violenti, come già accade in diversi Paesi del mondo”. Un programma che si ispira a quello elaborato da violenceanonymous.com, basato sulla ricostruzione della persona e sul controllo delle emozioni in maniera costruttiva.
Sconfiggere la violenza di genere è un obiettivo ambizioso, eppure possibile. Anche perché molto spesso l’azione patologica dell’uccisione o della violenza è preannunciata da una serie di atteggiamenti e azioni sottovalutati nel corso del tempo. Come spiega l’avvocato Missaggia: “L’omicidio di genere è l’ultima punta dell’iceberg di un comportamento malevolo che la donna tende a sottovalutare e che si presenta sotto forma di denigrazione, isolamento e riduzione della personalità“. L’uomo maltrattante agisce in modo che “la compagna si senta più incapace e più insicura”. Di solito la violenza si genera nel momento in cui avviene la presa di coscienza femminile; quando la donna decide di lasciarlo e si allontana, lui non sopporta l’idea di perdere il suo oggetto del desiderio e passa all’azione violenta.
Tra gli obiettivi per il futuro, la Onlus StudioDonne si prefigge quello di creare gruppi per donne vittime di violenza di genere, in modo da aiutarle a riconoscere gli stereotipi e a liberarsi dall’influenza dei soggetti sbagliati. Questo fenomeno è molto più trasversale di quanto si possa pensare: “Molto spesso mi capita di incontrare donne affermate, professioniste straordinarie, che nel privato sono estremamente fragili e dipendenti da figure maschili – spiega l’avvocato Missaggia -, in questo caso la qualificazione sociale o il lavoro svolto sono aspetti secondari, perché a creare queste dinamiche è principalmente la fragilità, che può essere considerata trasversale”. Queste persone spesso cadono vittime di uomini che approfittano della loro debolezza: “Di frequente sono soggetti all’apparenza miti o che si qualificano come principi azzurri, ma poi si rivelano tutt’altro, arrivando a soggiogare le donne e a isolarle dal loro background e dalla loro cerchia di affetti”, ammette. Per aiutarle è necessario mettere in atto un processo di aiuto e comprensione: “Le soluzioni sbrigative o la freddezza non portano da nessuna parte – conclude -, per ottenere dei risultati soddisfacenti è importante che le donne si confrontino tra loro e con dei professionisti dotati della giusta dose di empatia“.
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