Svolta in Bangladesh, via la dichiarazione di verginità per le donne che si sposano
Storica sentenza della Corte suprema del Bangladesh a favore delle donne. In una società dove i diritti femminili sono ancora molto ridotti, per non dire assenti. I magistrati hanno finalmente stabilito che le donne non sono più tenute a dichiarare se siano vergini nei moduli di registrazione del matrimonio.
Secondo quanto riferito dalla Bbc, uno dei media più autorevoli e importanti del mondo anglosassone, l’alta corte ha ordinato che la parola “vergine” nei moduli sarà sostituita con la dicitura “non sposata”.
Le altre due opzioni nel modulo – vale a dire i termini “vedova” e “divorziata” – rimarranno invariati. Nello specifico, la corte ha affermato che la parola di lingua bengali “kumari” dovrà essere rimossa dai documenti di registrazione del matrimonio.
Si tratta di un termine adoperato per descrivere le donne non sposate, ma può anche significare “vergine”. Gli avvocati dei gruppi per i diritti delle donne, che hanno presentato il caso nel 2014, hanno sostenuto con successo che i moduli per il matrimonio fossero umilianti e che violassero la privacy delle promesse spose. Domenica scorsa 25 agosto il tribunale ha dichiarato che d’ora in poi si dovrà usare la parola bengali “obibahita”, che significa inequivocabilmente “una donna non sposata”.
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Adolescente rifiuta di portare il velo: i genitori la rasano a zero
(articolo del 31 marzo 2017) È successo a Bologna, una ragazzina di quattordici anni si è rifiutata di mettere il velo e i genitori le hanno rasato i capelli per punizione. A denunciare il fatto sono stati gli stessi professori dell’adolescente al quotidiano Il Resto del Carlino.
Una ragazza di appena quattordici anni ha subìto uno dei traumi maggiori: le hanno tolto la sua libertà di scelta, rasandole i capelli. L’adolescente e la sua famiglia vivono a Bologna, ma sono originari del Bangladesh e sono musulmani. Per il diktat islamico quindi per il Corano la donna è obbligata a indossare il velo fuori dalle mura domestiche. La ragazza il velo lo indossava appena usciva di casa e lungo il tragitto per arrivare a scuola lo nascondeva nello zaino, per rimetterlo prima di arrivare a casa perché così facendo si sentiva come i suoi coetanei.
La madre ha scoperto questo segreto e qualche sera prima ha avvertito la figlia della loro volontà di indossare sempre il velo, ma la ragazza ha continuato comunque a riporlo nella borsa della scuola. Fino alla punizione della madre: rasare i capelli a zero. Il giorno successivo alla penitenza compagni e professori si sono accorti della testa rasata e hanno chiesto alla compagna il motivo. La ragazza è scoppiata in lacrime e ha raccontato tutto a una sua docente e alla preside della scuola che poi hanno fatto partire la denuncia ieri, 30 marzo.
La segnalazione della preside è stata immediatamente trasmessa alla procura dei minori e oggi, 31 marzo, dovrebbero essere ascoltato il corpo docente per confermare o meno la storia raccontata dall’adolescente. Anche i servizi sociali sono stati avvisati per fare un controllo sulla famiglia. Una violenza per non aver voluto indossar il velo islamico, solo per non sentirsi diversa dai suoi compagni, solo per non aver accettato di coprire il suo capo.