È composto da soia e da frumento per l’80%. Assomiglia moltissimo, al guardarlo, alla carne di manzo, da cui invece vuole distanziarsi il più possibile. Sono questi i tratti “identitari” di un nuovo prodotto alimentare che comincia a prendere piede anche in Italia: il filetto vegano.
Un’apparente contraddizione in termini. Un binomio inconciliabile: il filetto che rimanda all’idea della carne, da un lato. E l’alimentazione vegana nata per escludere dal nostro regime alimentare le carni e ogni loro derivato. Tuttavia l’azienda alimentare olandese Vivera ha cominciato a produrre il filetto vegano che “sanguina”.
Da cosa deriva il “sanguinamento” che può fa sembrare il filetto vegano una vera e propria “carne finta” sul fronte dell’alimentazione anti-carnivora? Anche da punto di vista della resa in termini di cottura, come sottolinea il sito specialistico Vegolosi.it. Merito, quest’aspetto particolare, del succo di barbabietola. Un succo che dona a questo filetto vegetale un colore simile a quello della carne.
E, al tempo stesso, che fa anche in modo che “sanguini” come la carne di manzo. Anche il sapore però ricorda quello del manzo. Sarà accettabile da un vegano duro e puro? A prima impressione verrebbe da rispondere negativamente. Sebbene i vegani più autentici e determinati non siano certo persone che si fanno “impressionare” da qualcosa di cui sanno ben riconoscere l’essenza. E cioè che si tratta di un cibo in tutto e per tutto vegetale.
“Il filetto vegano – spiega a Vegolosi Natasha Linhart, ceo di Atlante, che si occuperà della distribuzione del prodotto in Italia – più che destinato ai vegani, è stato studiato e realizzato per tutti quei consumatori che vogliono o hanno necessita di ridurre il consumo di carne. Senza però dover rinunciare al gusto e al sapore”.
Dopo aver ottenuto un grande successo nella catena di supermercati Tesco, nel Regno Unito, i filetti realizzati dalla Vivera sono ora disponibili nei supermercati Sigma, per adesso in Emilia Romagna e Liguria. Entro la fine di questo 2019 il prodotto dovrebbe diffondersi un po’ dappertutto in Italia.
Allo stesso tempo in America furoreggia nei ristoranti la bistecca di cocomero. Si tratta di un prodotto vegetale apparentemente anch’esso simile alla carne ottenuto facendo “mantecare” con attenzione un’anguria matura con cenere di legno di quercia. Il procedimento impiega da 4 a 6 giorni, affumicando l’esterno del frutto privato di buccia e parte verde.
Si favorisce così, spiega Daniela Di Matteo, autrice di un blog sul TgCom24 online, la creazione di una morbida “pelle” che trattiene tutti i succhi dell’anguria. Dopodiché si procede a un condimento speciale: olio, erbe quali coriandolo, origano o rosmarino, e sale. Sostanzialmente allo stesso modo in cui uno chef insaporisce l’arrosto di carne. Si gusta calda e a fette. Peccato per il prezzo. Negli Stati Uniti un piatto del genere al ristorante può costare anche 75 dollari.
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