Storia del cappello
Accessorio di grande fascino ed eleganza, ma anche elemento di distinzione sociale, politica e religiosa, il cappello fu utilizzato fin dall’antico Egitto, quando i faraoni ricoprivano le parrucche con berretti rossi. Nel Medioevo si abbellivano invece i cappelli con fiocchi sgargianti, ed è solo nel Trecento che ha origine il vero e proprio copricapo moderno.
Il tricorno fa invece il suo ingresso nel Settecento e nell’Ottocento il cappello si impone sulla scena. Nel Novecento, grazie alla Regina Elisabetta II che ne indossa di svariati tipi, il copricapo assume un’importanza significativa. Ai giorni nostri, con l’avvento delle giovani reali, Kate Middleton e Meghan Markle, che amano sfoggiare cappellini originali e fascinator alla moda, c’è un interesse costante e crescente verso questo tipo di accessorio.
Il cappello nella pittura e nel cinema
Il copricapo è un elemento di grande suggestione in grado di enfatizzare il look. Emblematico è l’autoritratto di Vincent Van Gogh con il Cappello di Paglia del 1887.
Edgar Degas nel dipinto “ Il negozio da modista” celebra proprio le donne che inventavano e cucivano cappelli per le signore di Parigi nella Belle Epoque.
Johnny Depp ammalia il pubblico con un tricorno disegnato da Gabriella Pescucci mentre va all’arrembaggio ne “I pirati dei Caraibi“.
Kristen Dunst in “Marie Antoniette” di Sofia Coppola indossa un copricapo di grande effetto disegnato da Milena Canonero.
Iconico è il cilindro del “Marchese del Grillo” interpretato da Alberto Sordi per la regia di Monicelli.
Infine come possiamo dimenticare Audrey Hepburn in “Colazione da Tiffany”? Lei era in grado di indossare con grazia e nonchalance qualunque tipo di copricapo, anche se enorme.
Distretto europeo del cappello
In Italia la nobile arte della cappelleria viene portata avanti nel distretto del fermano e precisamente nei comuni di Montappone, Massa Fermana, Monte Vidon Corrado e Falerone. Un’operosità minuta ma consistente. Da qui si esportano i cappelli in tutto il mondo, circa 10 milioni di pezzi l’anno, apprezzati più all’estero che in Italia.
Il 70% di tutta la produzione italiana del cappello avviene proprio in questi piccoli luoghi delle Marche. Persino le grandi maison di moda si rivolgono alle aziende locali per realizzare le loro creazioni. Proprio a Montappone, sopra il Teatro Italia in Piazza Roma, ha sede il Museo del Cappello, unico centro italiano dedicato alla storia di questo singolare accessorio.
Museo del Cappello di Montappone visitato in esclusiva da VelvetMag – Lavorazione della paglia
La scorsa settimana siamo stati accolti da Mario Amerino Clementi, responsabile del Museo di Montappone. “Abbiamo in esposizione dei pezzi unici, afferma Clementi, come l‘ultimo cappello di Federico Fellini del 1994, donato dalla famiglia, ed i copricapi utilizzati nel film “Riso Amaro“indossati da Silvana Mangano, realizzati proprio qui a Montappone”.
La sede rappresenta l’unica memoria storica e culturale italiana dell’antica lavorazione della paglia, vera e propria “arte” a cui i contadini si dedicavano. Il cappello diviene quindi anche uno strumento di socializzazione. Ci si incontrava la sera con gli amici e si intesseva la paglia per i cappelli.
L’intreccio della paglia veniva fatto da donne e persino dai bambini. I fili di paglia eguagliati venivano esposti al sole per un imbiancamento naturale. Se il processo non risultava omogeneo si ricorreva all’accensione di zolfo inserito in casse di legno. Alla sbiancatura così ottenuta, faceva seguito la preparazione del filo con l’agguagliatura. Con la paglia si potevano realizzare a mano le trecce di fili per ornare i cappelli.
Il cappellaio ambulante di Montappone trasportava nelle piazze i copricapi sulla “pertica” per venderli.
All’interno del Museo è esposto anche il “NaturAbito“, un vestito realizzato interamente paglia e tessuto naturale e con sandali abbinati.
La struttura inoltre custodisce una ricca collezione di cappelli storici come modelli da cerimonia, cilindri, pagliette, fez e feluche.
Marche… tanto di cappello!
Il cappello assume la veste di una vera e propria creazione artistica che trascende la mera funzione di accessorio. Le più importanti aziende marchigiane sono state chiamate ad interpretare il cappello. Recentemente la Guzzini ne ha realizzato uno con le luci ispirato all’iconica lampada “Venaria” di Michele De Lucchi, mentre l’azienda Elica ha proposto un copricapo a forma di cappa. Silvano Lattanzi ne ha disegnato uno a forma di scarpa, Spinosi a forma di maccheroncini, lo chef Moreno Cedroni ha proposto dei piatti fondi rovesciati come cappelli.
Il Cappellaio Pazzo
Non è solo il celebre personaggio di “Alice nel Paese delle Meraviglie”, ma è il nome dell’ulteriore mostra permanente di Montappone, ideata da Giuliano De Minicis. Troviamo copricapi bizzarri ed originalissimi realizzati da aziende locali che si sono ispirate a celebri film, come nel caso della Complit che ne ha proposto uno in paglia con cucchiai e tazzina rossi, che richiama il film “Colazione da Tiffany”.
Molto suggestivi anche i copricapi realizzati da Silvano Marini intitolati “Il Viaggio fra le nuvole”, a forma di mongolfiera e”Capogiro” , con un giro di elefanti colorati. La mostra ha avuto un grande successo ed ha raggiunto anche Parigi, durante la Fiera del Pret-a-Porter e Roma in occasione di AltaRoma. L’intento è stato quello di celebrare la creatività italiana e le capacità manifatturiere marchigiane.
Aziende locali
Montappone vanta una quarantina di fabbriche specializzate nella lavorazione dei cappelli. Tra queste abbiamo visitato la Complit, azienda leader del settore. Mattia Antinori, Direttore Creativo del brand, afferma: “Siamo alla terza generazione, l’azienda è stata fondata dai miei nonni, i nostri cappelli vengono esportati in tutto il mondo: Giappone, Russia, America, Europa, siamo presenti nelle più importanti fiere internazionali di settore. Uniamo la qualità del prodotto artigianale con l’estetica facendo una continua ricerca stilistica. Oltre agli originali cappelli da donna abbiamo anche la linea Capocubo interamente dedicata al bambino”.