Lo smartworking non è una bufala. A spiegare perché è Ugo Serena, nel suo nuovo libro “Il lavoro intelligente”.
C’è poco da fare, ormai lo smartworking è una filosofia di lavoro che inizia a dare i suoi incontestabili frutti. Trattasi di una vera e propria idea manageriale fondata sulla flessibilità e sull’autonomia nella scelta di spazi, orari e strumenti di lavoro.
Nell’ottica dello smartworking, a contare davvero è solo il risultato: la produzione finale diventa così un obbiettivo che i professionisti possono raggiungere con modalità di lavoro più salutari e trasversali. Ma, soprattutto, ottimizzando lo stress e riducendo l’estromissione di alcune categorie sociali da determinati contesti aziendali.
Ugo Serena è coordinatore del Ramo Responsabilità Civile per Austria Central Eastern Europe e Russia per Generali CEE Holding con sede a Praga. Un titolo dal tono complesso e intimidatorio che, di fatto, negli ultimi tre anni si è tradotto in un mestiere svolto perlopiù attraverso lo smartworking.
È proprio questa l’esperienza professionale che Ugo Serena ha scelto di raccontare nel suo nuovo libro “Il lavoro intelligente”, in uscita in questi giorni. Un saggio suddiviso in tre parti che, oltre ad illustrare la praticità di una soluzione innovativa come questa, offre consigli utili sia ad aziende che a professionisti.
Contrariamente a quanto si pensi, immaginare lo smartworking come una “gentil concessione” offerta dall’azienda al dipendente è un errore. I vantaggi non solo sono tangibili, ma toccano entrambe le parti coinvolte, e per questo vale la pena approfondirli.
È evidente, infatti, che lavorare da casa influisca sulla produttività dell’individuo: una situazione di confort, in cui lo stress causato dagli spostamenti o da uno spazio condiviso con il resto del team, cede il posto alla comodità di lavorare da casa propria, traducendosi quindi in una produttività maggiore.
Va da sé che questo costituisca anche un vantaggio in termini ambientali (meno inquinamento causato dagli spostamenti in automobile o in motorino), economici (meno pasti fuori, meno spese extra sia per le aziende che per i lavoratori) e sociali (pari opportunità, riduzione dello stress e dei casi di workaholism, giusto per citare i più evidenti).
L’occasione di promuovere ed incentivare le pari opportunità sul lavoro, in termini concreti, non è mai sembrata vicina come ora. Con lo smartworking, conciliare vita professionale e privata diventa una soluzione praticabile. In che modo?
Vivere la paternità e la maternità senza sensi di colpa, poter trascorrere più tempo con i figli, investendo meno soldi in baby sitter e in aiuti esterni: un taglio significativo nel bilancio economico familiare, che va senz’altro ad incidere su un tenore di vita migliore e su una maggiore soddisfazione personale.
Senza dimenticare che lavorare anche da casa offrirebbe una reale opportunità di parità a chiunque abbia una disabilità, una malattia cronica oppure un handicap provvisorio.
Una filosofia che, come sottolinea Ugo Serena nel suo testo, va ben oltre il “lavoro intelligente” e costituisce piuttosto una rivoluzione socio-culturale.
Il modello manageriale previsto per l’attuazione dello smartworking è innovativo e fondato su un sistema meno gerarchico e standardizzato, pensato su criteri qualitativi anziché quantitativi.
Ugo Serena fornisce nel suo libro degli strumenti pratici, destinati proprio alle aziende, per far sì che possano sfruttare al meglio l’opportunità di crescita in termini manageriali.
Responsabilità, organizzazione, disciplina ed impegno sono alcuni dei concetti chiave portati in campo dalla filosofia dello smartworking.
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