La bellezza: quando i difetti diventano un simbolo e un punto di forza
Che cos’è la bellezza? È una domanda che non ha mai visto tacere l’insolente voglia di scoprirlo. Eppure la società riesce a catalogare il bello dal brutto, come se esistesse realmente una regola, una linea guida da non permettere il diverso. Anche se qualsiasi mezzo di comunicazione cerca in ogni modo, forse mai come adesso, a vestire i panni del buon samaritano. Espone la criticità come se fosse una lettura del sermone. Viene recitato in chiesa e lasciato li, tutto il buono che si è detto, dopo aver semplicemente chiuso la porta. Se tutti fossero tanto anticonvenzionali, allora perché il diverso si sente “diverso”? È una lotta che vede epoche differenti, passate, ma purtroppo affrontata con lo stesso spirito e con la stessa leggerezza che si percepita ancora oggi.
Che cos’è la bellezza?
Basta rispolverare qualche libro di filosofia ed ecco che, fra le pagine appare Dostoevskij che cerca di trovare una soluzione al suo quesito. “Se la bellezza salverà il mondo, come può farlo se ciò che piace a me non piace all’altro? È possibile stabilire oggettivamente il bello, che sia tale per tutti e in egual modo?
Se dovessimo prendere una tela e cercare di dipingerla, come si suor dire a regola d’arte, ciò significherebbe che il risultato finale sarà bello per tutti ma circoscritto in termini prettamente tecnici. Ciò significa che viviamo con delle priorità innate che ci rendono belli, ma la ragione ci dice che se fosse così, allora, non esisterebbero i pregiudizi e tutti saremmo bellissimi. La società ce lo ricorda ogni giorno: l’oggettività esiste solo per una certa categoria del bello.
Ma se il diverso si contraddistingue dal bello, perché non renderlo come pezzo unico? Far risaltare la particolarità come autentica bellezza, genera una nuova personalità che si contraddistinguerà dalla massa.
Forse l’esempio che sto per fare sembrerà esagerato, ma credo che possa rendere l’idea: hanno sempre detto che la pecora nera è tale perché non simile al gregge di pecore bianche. E non ci siamo posti mai il dubbio che forse, la figura in “difetto”, quella che racchiude una zona d’ombra, non era la pecora nera ma il gruppo in massa. E se fosse nera proprio perché vuole portare avanti un’idea personale, una propria lotta senza doversi omologare con il resto del gruppo?
La pecora nera è libera e determinata a portare avanti le sue convinzioni, e di conseguenza il suo colore è diverso proprio perché è lei a volersi distinguere dal gruppo. Se è così allora, le false credenze ci hanno accompagnato per troppo tempo influenzando le nostre scelte. È per questo che dobbiamo urlare quanto i pezzi unici siano belli proprio perché diversi. Sono speciali perché hanno creato un nuovo modo di vivere, insegnando l’altro ad osservare in modo diverso. I pezzi unici stanno bene perché consapevoli di rappresentare il martello che romperanno gli schemi mentali creati dal mondo ottuso.
Pezzi unici: quando la bellezza è il “non convenzionale” [FOTO]
Quando il difetto diventa un marchio di tracciabilità e la curiosità di osservarlo, suscita entusiasmo e meraviglia, allora possiamo definire abbattuti gli stereotipi. La bellezza non convenzionale rende la particolarità un punto di forza e sono in tanti oggi a sentirsi coinvolti. Non solo gente comune, ma anche modelle o persone dello spettacolo hanno fatto il difetto la loro forza.
Come per esempio Tia Jonsson e la sua vitiligine posta in un punto preciso. Ricorda che aveva sei anni quando sentì per la prima volta la vergogna nel sollevare i capelli con un fermaglio e far vedere la zona dove la malattia ha tolto i pigmenti solo su una ciocca. Oggi la modella si fa lo chignon per mostrarla.
Tia Jonsson
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Per Melanie Gaydos la vita è stata dura fin dai primi respiri, quando tutti scoprirono che era affetta da un raro disturbo genetico, la displasia ectodermica. Crescendo ha cercato in tutti i modi di contrastare quello che di superfluo poteva fare, ma un giorno stanca di tutto si è arresa inconsapevole che di li a poco sarebbe poi diventata una top model. La ventottenne americana ha sfidato i pregiudizi e stereotipi, dimostrando di star bene con se stessa come ha confidato all’Indipendent. “Sicuramente ora vivo meglio”– ha dichiarato la modella affermata e ricercata su Instagram. Infatti il suo profilo conta più di 114 mila follower.
Melanie Gaydos
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Tsunaina è una modella tibetana che ha rapito stilisti e make up artist per la sua caratteristica. Dicono che il suo volto rispecchi l’origine del modo poiché su di esso c’è circoscritta la costellazione di nei più bella che neanche il cielo può vantare. Eppure top model ricorda quando da piccina, un uomo le disse se aveva tolto i chicchi di anguria sul suo volto. Beh quei puntini neri le hanno dato poi la possibilità di distinguersi ed emergere per quello che realmente rappresenta.
Tsunaina
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Un altro esempio di bellezza non convenzionale è nato dagli occhi di Brunette Moffy. La modella è affetta dal cosiddetto strabismo di venere che non le permette di allineare bene i suoi occhi. Ma questa caratteristica la fece ingaggiare dalla Storm Model, l’agenzia che ha lanciato alcune top model come Cindy Crawford, Kate Moss e tante altre. Vista su numerose copertine internazionali, il fotografo Tyrone LeBon ha dichiarato che, lavorare con lei significa non avere ben chiara la strada che sta percorrendo, perché è una sorpresa continua. Moffy ha tutte le caratteristiche fisiche che una top model richiede ma lo strabismo dei suoi occhi grigio-verdastro, fanno la differenza.
Brunette Moffy
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