A Sheffield, nel nord dell’Inghilterra, si è scatenata una lotta fra donne. Con al centro lo stesso tema: la libertà di usare il proprio corpo. Il club di lap dance era minacciato di chiusura dalla rivolta delle femministe. Invece alla fine le autorità hanno deciso di tenerlo aperto, con grande gioia delle spogliarelliste che ci lavorano. Lo scrive Luigi Ippolito sul Corriere della Sera, oggi 19 settembre.
Le strippers sono scese in corteo nelle strade della città per difendere il loro diritto a lavorare come spogliarelliste. La campagna per far chiudere il club, che appartiene a una catena del genere, la Spearmint Rhino, andava avanti da tempo. Aveva raggiunto l’apice quest’anno, dopo che le femministe avevano assoldato degli investigatori privati.
I quali avevano filmato segretamente quello che succedeva nel locale. Ed era venuto fuori che le ragazze non si limitavano agli spogliarelli, ma procedevano con toccamenti vari, sui clienti, su se stesse e fra di loro. Cosa contraria ai regolamenti ufficiali e potrebbe comportare la revoca della licenza.
Ma lunedì scorso 16 settembre, al termine di un’udienza di otto ore davanti al consiglio comunale, le spogliarelliste hanno avuto partita vinta. Le femministe hanno condannato la decisione e promesso di continuare la battaglia. Le ballerine, dal canto loro, le hanno accusate di adoperare metodi da revenge porn.
Una di loro, Celia Lister, riporta ancora il Corriere della Sera, ha detto di essere “al settimo cielo” e ha definito il caso “un’enorme pietra miliare nel rompere lo stigma sociale che circonda il lavoro sessuale“. Una sua collega ha raccontato come quello trascorso sia stato un anno difficile e di quanto tutte loro siano state vittime di “oggettificazione, rigetto e tattiche da pornovendetta”. Oltre a essere “ignorate dalle femministe che pretendono di volerci salvare”. Un’altra ha definito i filmati segreti come una violazione. “Non siamo oggetti sessuali come siamo state descritte. Siamo complesse e sfaccettate come chiunque altra, e in realtà i clienti ci trattano come persone, più delle cosiddette femministe“.
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