Una maxi retata di polizia e guardia di finanza si è svolta giovedì 26 settembre in tutta Italia contro la “Stidda” di Gela (Sicilia). Fin dalle prime ore del mattino le forze dell’ordine hanno proceduto ad arrestare almeno 70 persone. Si tratta di capi, gregari e affiliati della cosca dei Di Giacomo, secondo quanto riporta online TgCom24.

Gli investigatori hanno posto sotto sequestro beni per 35 milioni di euro. Negli ultimi anni il clan avrebbe preso con la violenza e le estorsioni il controllo su buona parte del territorio di provenienza. Ma anche in regioni del nord Italia. Secondo le accuse i boss, coi loro gregari, gestiscono il traffico di droga, infiltra l’economia legale con imprese di comodo e impongono prodotti di proprie aziende ai commercianti.

Tante le spedizioni punitive degli “stiddari”, organizzate anche con l’uso di armi e con danneggiamenti seguiti da incendi. Tutto ai danni di chi osava contrapporsi al loro potere criminale, con una potenzialità militare costituita da “500 leoni”. Ossia 500 uomini armati che avrebbero potuto scatenare l’ennesima guerra di mafia.

Decine le estorsioni nei confronti di quei commercianti e imprenditori che non volevano sottomettersi al volere del clan. E che hanno trovato il coraggio di denunciare. La Stidda, pur mantenendo le modalità mafiose, secondo gli investigatori si è dimostrata capace di una vera e propria metamorfosi evolutiva.

Questo significa che i suoi affiliati hanno sostituito ai reati tradizionali nuovi business, utilizzando quale anello di congiunzione tra i mafiosi e gli imprenditori i “colletti bianchi”. Vale a dire professionisti di vario genere del mondo del lavoro legale, i quali individuavano tra i loro clienti quelli disponibili al risparmio facile. I clienti in questione erano disseminati principalmente tra Piemonte, Lombardia, Toscana. Ma anche nel Lazio, Calabria, Sicilia. L’indagine ha parallelamente svelato anche numerosi reati tributari e fenomeni corruttivi.

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