Un attimo durato cinque decenni. Tanti ne sono già trascorsi da quando, nell’ottobre 1969, andava in onda in Giappone la prima puntata de L’Uomo Tigre. La serie anime tratta dal manga omonimo è stata trasmessa fino al 1971. In Italia, invece, il cartone animato è arrivato soltanto 11 anni dopo, nel 1982. Le immagini trasmesse sullo schermo mostravano il protagonista Naoto Date che andava in giro solitario nella notte, mentre i bambini rimanevano incollati alla tv durante il pomeriggio.

In mezzo secolo il celebre cartone animato si è trasformato in qualcosa di epico. Il manga da cui è tratto è nato dalla mente di Ikki Kajiwara. All’epoca – fine anni Sessanta – la lega nipponica di wrestling aveva addirittura acquisito i diritti per creare il lottatore “Tiger Mask”. Nel manga, come nell’anime, compaiono altri veri lottatori come Antonio Inoki e Giant Baba.

La storia è nota. Naoto Date è un giovane orfano che entra nella spietata Tana delle Tigri, associazione che addestra lottatori al limite del disumano. E li ricatta, costringendoli a versare nelle casse dell’associazione metà degli introiti da wrestler. Dopo essersi creato un’ottima fama negli Stati Uniti (dove viene soprannominato Yellow Devil) torna in Giappone.

Qui, dopo aver visitato il suo vecchio orfanotrofio che è in difficoltà, Naoto decide di lasciare Tana delle Tigri. Ma anche di devolvere gli incassi dei suoi match in beneficenza all’istituto e comincia a combattere onestamente. Ovviamente l’associazione non intende fargliela passare liscia. Per punizione invierà i più forti lottatori a sfidarlo per cercare di ucciderlo sul ring.

La storia scandita da duelli infiniti segue il protagonista nel classico percorso di formazione-crescita-redenzione tipico di molti eroi di narrativa a cui si aggiunge uno spaccato della società giapponese dell’epoca. Un mondo che non si era ancora ripreso dopo la sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale e le bombe atomiche sganciate dagli americani.

Ciò che ha reso la serie animata de L’Uomo Tigre un fenomeno e una leggenda anche fuori del Giappone è senza dubbio il tratto unico di Keiichiro Kimura. Un character designer e regista anche di altri anime cult come “Mimì e la nazionale di pallavolo” e “Sam il ragazzo del West“, deceduto nel 2018 a 80 anni.

Tra le sigle del cartone animato quella che conosciamo in Italia è quella composta da “I Cavalieri del Re”, diventata mitica per più d’una generazione. Scritta e cantata da Riccardo Zara recitava in un passaggio: “Solitario nella notte va/se lo incontri gran paura fa/il suo volto ha la maschera/tigre/tiger man”.

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