Una donna, la 37enne Vjosa Osmani, spicca fra i vincitori delle elezioni politiche nel Kosovo. Potrebbe diventare primo ministro. Il Kosovo è uno Stato caratterizzato dalla forte presenza di cittadini di origine albanese. È sorto dalle ceneri della ex Jugoslavia dominata dalla Serbia, dopo la guerra degli anni ’90.

Gli exit poll delle elezioni anticipate, svoltesi ieri 7 ottobre, danno in vantaggio i partiti di opposizione. La Osmani è la candidata premier di centrodestra della Lega democratica del Kosovo (Ldk). Il partito di opposizione che era dato ampiamente in vantaggio nei sondaggi della vigilia.

Ldk si attesterebbe al 28,1%, in vantaggio sulla sinistra nazionalista Vetevendosje (27,9%). Terzo il Partito democratico del Kosovo (Pdk) con il 25,8%, mentre al 12% è data l’Alleanza per il futuro del Kosovo (Aak) del premier uscente Ramush Haradinaj. Il Pdk è il movimento politico di cui fa parte partito il Capo dello Stato kosovaro Hashim Thaci. Il leader storico di quello che fu l’esercito di liberazione degli albanesi kosovari dal dominio serbo: l’Uck.

Il Kosovo, con capitale Pristina, vive un momento in cui si fanno sentire le pressioni per la ripresa del dialogo con la vicina Serbia. Belgrado rifiuta l’indipendenza della ex-provincia. I kosovari dal canto loro vogliono uscire da uno stallo, con l’abolizione dei dazi doganali maggiorati del 100% sulle merci serbe.

Le elezioni anticipate sono state indette alla luce delle dimissioni del premier Ramush Haradinaj, che a luglio ha lasciato l’incarico dopo essere stato convocato all’Aja per essere interrogato in merito a un indagine su crimini di guerra.

L’opposizione spera di defenestrarlo, puntando sulla frustrazione dei kosovari per la povertà e la corruzione. In lizza ci sono, insieme ad Haradinaj, Kadri Veseli, leader del Pdk, ex partito di coalizione ora rivale dell’ex premier, Vjosa Osmani, e Albin Kurti di Vetevendosje. Questi ultimi due hanno aperto alla possibilità di formare un’alleanza post-elettorale per mandare a casa i cosiddetti partiti della guerra nati dalle milizie dopo l’indipendenza. Si prevede che nessuno abbia la maggioranza assoluta, tanto da attendersi lunghi colloqui per formare un esecutivo.

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