“Una mamma lo sa”: Elena Santarelli si racconta e non dimentica
“Una mamma lo sa”: in un libro pieno di dolore, rabbia, gioia e solidarietà Elena Santarelli racconta come fosse un diario la storia della sua famiglia. La sofferenza di una mamma, di un papà e della sorellina Greta durante la battaglia contro il tumore che ha colpito il piccolo Giacomo quando aveva otto anni.
Mamma Elena e papà Bernardo
“Keep calm, I’m in follow up”. Non tutti lo sanno, ma ricevere una maglietta con una scritta così è il più bel regalo che possa desiderare un paziente oncologico. Sta per “hai finito la chemio, inizi le terapie di controllo”. È successo a Jack, dopo un intervento di quattordici ore al cervello e un anno e mezzo di cure. Giacomo è il figlio di Bernardo Corradi ed Elena Santarelli, una mamma bellissima che si è dimostrata stupenda dentro, che per testimoniare la sua esperienza di forza, coraggio e amore ha scritto “Una mamma lo sa”, appena uscito in libreria, edito da Piemme, con la collaborazione del giornalista Gabriele Parpiglia.
La presentazione ufficiale del libro è stata commovente ed ha avuto luogo tra tanti amici, più o meno noti, al Circolo Canottieri Aniene, dove ha fatto gli onori di casa il Presidente Giovanni Malagò, in una veste più umana del solito, amico della coppia e gran fautore di questa storia da raccontare perché insegna a volere e fare il bene degli altri. Malagò ha preso la parola anche nel suo ruolo di fondatore dell’associazione “Amici del Bambino Gesù”, l’ospedale pediatrico, fiore all’occhiello della capitale, dove Giacomo è stato curato. “Lì dentro io mamma Elena e papà Bernardo che eravamo già brave persone – ha raccontato la showgirl con gli occhi lucidi – dopo tanto dolore, condiviso con gli altri genitori, siamo diventati ancora più buoni”.
E la coppia lo ha dimostrato con molti gesti concreti di solidarietà, come portare la colazione per tutti alle sei del mattino, ma soprattutto mettendo, e non senza critiche, l’immagine al servizio della ricerca per raccogliere fondi, per acquistare macchinari di ultima generazione, per pagare (solo con i ricavati raccolti fino ad ora) 12 borse di studio a nuovi medici dell’ospedale. Un faro va puntato sulla presenza (forse la più importante, forse quella che ha rafforzato questa testimonianza) della dottoressa orsacchiotto Angela Mastronuzzi, l’oncologa con la felpa di peluche e le orecchie penzolanti che ha dato loro il primo cazzotto comunicando la terribile diagnosi, ma donandogli poi tutta l’assistenza e le cure possibili. E non perché fossero due genitori vip. La dottoressa stakanovista, senza orari di entrata edi uscita da un posto che ha definito lei stessa “l’Inferno”, inizialmente non sapeva chi fossero.
Una storia vera
La malattia non fa sconti a nessuno, sono tutti uguali di fronte ad un tumore. Forse c’è chi è più fortunato. La Mastronuzzi ha spiegato chiaramente che il piccolo Jack è stato uno dei 400 bambini che ogni anno, in Italia, è colpito da un tumore cerebrale e ha straziato il cuore dei tanti presenti raccontando quante volte lui incredulo le avesse chiesto “perché proprio io?”. Non c’è una risposta comprensibile, ma sicuramente questa guerra alla famiglia Corradi è servita per imparare ad aiutare a salvare qualche vita.
“Se Giacomo ha beneficiato del suo protocollo di cure è perché qualcuno prima di noi si è impegnato a raccogliere fondi, non potevo sottrarmi a questa catena di sostegno” spiega Elena nelle prime pagine di un libro che è pieno di aneddoti. Questa è una storia vera, piena di dolore, di fatica, di rabbia ma anche di amicizia e di gioia. C’è l’interrogazione a sorpresa, la disperazione dei genitori che vanno in crisi e divorziano, incapaci di affrontare esperienze così strazianti, c’è il momento topico della caduta e del taglio dei capelli che è un dramma per le donne, ma ancor di più per i bambini e gli adolescenti; c’è “il muro del pianto” davanti al Cupolone, dove si ritrovano i genitori dei bambini ricoverati in quel reparto del Bambin Gesù quando escono a prendere una boccata d’ossigeno, perché il dolore non gli permette più di trattenere le lacrime davanti al letto del loro figlio, e si ritrovano insieme a piangere. Lì Elena ha pianto con le mamme di Marzia, Gaia e Diana, piccoli angeli che non ce l’hanno fatta a sconfiggere questo male.
L’albero di Heal
Sono stati i genitori di Gaia a mettere il primo seme all’albero di Heal, l’associazione no profit per la cura e la ricerca nell’ambito della neuro-oncologia pediatrica che Elena e Bernardo hanno voluto fortemente sostenere con l’aiuto di amici, conoscenti e follower, perché non ci sono solo gli “haters” per fortuna. E questo è tutto un altro capitolo: quello delle persone, principalmente donne, che invece di pensare alla sofferenza di Elena, che è la stessa vissuta da tutte le mamme con un bambino malato, si soffermano sulle scarpe firmate che mamma-coraggio indossa durante le interviste. La notizia è che la Santarelli le scarpe se le può comprare lo stesso e solo i soldi dei Corradi non basterebbero a sostenere lo scopo benefico del progetto Heal, mentre il contributo di tanti può fare la differenza.
Il trofeo di un bambino
Mamma Elena cerca di fare questo: sensibilizzare ad aiutare. Così come all’inizio di questa corsa alla solidarietà è bastato l’impegno del loro amico Bobo Vieri per raccogliere oltre 70mila euro. Soldi benedetti e utilizzati nel tentativo di far vivere un bambino in più. E far saltare di gioia quanti più pazienti possibili come ha fatto Giacomo quando ha ricevuto in regalo la scatola con la maglietta (primo prototipo realizzato) che la dottoressa Mastronuzzi ha voluto donargli per comunicare la bella notizia alla famiglia Corradi. Anche se Giacomo – si legge nel capitolo dedicato al follow up – avrebbe voluto una maglietta con il dito medio, per mandarcelo davvero a quel paese il tumore.
Oggi questa maglia è il regalo di Heal per tutti i bimbi che escono dal tunnel. È il trofeo di un bambino che ha vinto la battaglia più difficile della sua giovane vita. È il contributo di una mamma che non dormirà più tranquilla perché avrà sempre l’incubo che quel mostro possa ritornare, perché una mamma lo sa quando il suo bambino soffre o gioisce, quando è in pericolo o quando è sereno. Ogni mamma lo sa quanta angoscia si porta dentro, quando vorrebbe essere onnipotente per proteggere il proprio figlio, ma non sempre è possibile.