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Trent’anni dopo il Muro di Berlino ecco le nuove barriere nel mondo

Dalla frontiera tra gli Usa e il Messico a quella tra Israele e Cisgiordania, dalle reti anti-immigrati in Europa alla Linea Verde di Cipro. Per finire al 38° parallelo tra le due Coree. I muri – o le barriere impenetrabili che si definiscono tali – sono ancora molti nel mondo.

Continuano ad essere costruiti 30 anni dopo la caduta di quello di Berlino. Il termine muro non è usato solo in senso letterale. Anche quello di Berlino, del resto, per lunghi tratti alla periferia della città era semplicemente una rete metallica sorvegliata dalle torrette dei Vopos. La parola viene comunemente impiegata per tutte le linee di controllo invalicabili realizzate sì con tratti di cemento, o di metallo, ma anche con barriere di diverso tipo, fossati, apparecchiature per la sorveglianza elettronica.

Come nel caso della Linea Verde fra la parte greca e quella turca di Cipro, o la zona smilitarizzata tra la Corea del Nord e quella del Sud, dove si aggiungono centinaia di migliaia di mine antiuomo disseminate lungo i 250 chilometri di confine. I muri sono spesso anche argomento di propaganda, e lo dimostra la vicenda di quello al confine con il Messico che il presidente americano Donald Trump ha annunciato di volere costruire fin da quando, in campagna elettorale, affermò che ne avrebbe fatto pagare il costo al Paese confinante.

In realtà proprio la questione dei finanziamenti ha finora impedito che il progetto lungo i 3.145 chilometri della frontiera avanzasse. Inoltre, la barriera è già stata costruita sotto le presidenze dei predecessori di Trump su un tratto di 1.044 chilometri, grazie a una legge approvata dal Congresso con una schiacciante maggioranza fin dal 2006. La montagna delle tante polemiche ha finora partorito solo il topolino rappresentato da opere di sostituzione e riparazioni di strutture già esistenti lungo un centinaio di chilometri.

Per far fronte all’immigrazione illegale barriere di vario genere sono state costruite già in sei Paesi dell’Europa centro-orientale, a partire dall’Ungheria. Mentre i controlli severi alle frontiere sono stati reintrodotti anche da Paesi Schengen che hanno sempre voluto accreditarsi tra i più accoglienti, come la Svezia. Quando si tratta di immigrazione, del resto, è difficile trovare uno Stato Ue in condizione di scagliare la prima pietra. È il caso della Francia, che insieme con la Gran Bretagna sta costruendo un muro dal costo di 20 milioni di euro per impedire ai disperati ammassati nella cosiddetta “Giungla di Calais” di dirigersi verso il Regno Unito.

Sono molti anche i Paesi che hanno costruito o stanno costruendo barriere per difendersi dal pericolo di attacchi terroristici. A partire dal muro realizzato da Israele al confine con i territori palestinesi della Cisgiordania allo scoppio della Seconda Intifada, all’inizio degli anni 2000, che ha permesso di abbattere il numero degli attentati suicidi sul territorio israeliano. Ma che è stato condannato a livello internazionale perché entra in gran parte nel territorio palestinese, isolando migliaia di residenti.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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