Un album diviso in due parti, un progetto lungo due anni e un ritorno sulle scene dai toni celebrativi: Gigi Finizio si prepara a lanciare finalmente la seconda parte di Io Torno, il doppio disco di inediti il cui primo atto uscì ormai nel 2018. Più di cinque anni dopo il precedente Buona Luna, la storica voce della canzone napoletana, una carriera partita dai palchi locali e arrivata a Sanremo e ai tour internazionali, è pronta a tornare in radio. Lo farà con una dichiarata evoluzione, temi vecchi e nuovi, e la volontà di giocare finalmente con la sopraggiunta maturità artistica. Ne ha discusso con Velvet in un’intervista esclusiva, con un occhio al passato e uno alle possibilità del nuovo mercato musicale.

Il periodo di riflessione, le nuove collaborazioni e il doppio album del ritorno: intervista esclusiva a Gigi Finizio, a compimento del progetto Io Torno

 “Io non mi arrendo” è il singolo di lancio. Perché hai scelto questo messaggio per presentare Io Torno Parte 2?

 Il vero soggetto della canzone è l’amore puro. La gente mi identifica da sempre come il cantatutore dell’amore, e non potevo certo tradire queste aspettative. Ma al netto di ciò, ho provato a dare al pezzo un messaggio. Uno di buon auspicio. Ho cercato di stimolare il popolo a non arrendersi, soprattutto in simili momenti. E’ un discorso che riguarda l’amore come la società. Bisogna tenere pugni e denti stretti per andare avanti, a sfondamento, senza nulla da temere. Volevo che fosse un pezzo propositivo.

Perché due dischi? Come si evolverà Io Torno parte 2 rispetto alla prima parte?

L’idea del doppio album è venuta per diverse ragioni. La principale era quella di non disperdere i vari brani che entreranno nel progetto definitivo: il secondo disco avrà 7-8 canzoni. Per ogni album c’è un grande impegno di energie e denaro: l’incisione costa migliaia e migliaia di euro, se vuoi la qualità musicale. Il fatto che oggi tutto si riduca a un mese di ascolto per poi sfumare nel nulla… L’idea era quindi di frammentare il disco per aumentarne la vita in termini di durata. Io Torno vivrà per due anni interi. Tra un singolo e l’altro passeranno più mesi, così da rimanere più tempo in radio. Abbiamo anche deciso di ridurre il costo: il prezzo delle due parti non è pieno ma suddiviso.

D’altronde oggi la fruizione e il consumo dell’offerta musicale è infinitamente più immediata e passeggera...

Una vola la vita degli album era stimata in due mesi. Oggi dopo quindici giorni dall’uscita la gente passa ad altro. Ma c’è anche la questione della curiosità: per un disco che non esce è il pubblico il primo ad interessarsi. La seconda parte vedrà la luce sicuramente nel 2020, difficilmente entro questo Natale. Diciamo da gennaio in avanti.

Quale è stato l’apporto di una personalità come Diego Calvetti al progetto finale?

Io mi ero volutamente fermato per un periodo. La mia unica grande uscita negli ultimi anni è stata la canzone per il film di Siani. Dopo di allora, ho deciso che mi sarei dovuto fermare per radunare le idee, e creare un album dai requisiti importanti. Ho cercato quindi uno studio nel quale approdare per fermarmi e concentrarmi. A Siena ho incontrato Calvetti, gli ho portato i miei pezzi già composti, e lui ha deciso di entrare come autore e arrangiatore. A quel punto ho smantellato tutto, e abbiamo tentato un nuovo approccio. La nostra è stata una jam sassion, e da questa è nata questa nuova creatura. La sinergia è reale, spontanea, nulla di scritto o premeditato. Io avevo inizialmente buttato giù qualcosa a casa mia, nel mio angolo di produzione. Da lui abbiamo ripreso tutti insieme, per riscriverlo a quattro mani. Per fare un paragone importante, un po’ quello che hanno fatto Mina e Fossati.

Dopo la partecipazione a Sanremo del 2006, le tue uscite si sono fatte più rarefatte. Una volta eri uno degli artisti più prolifici, come mai questo rallentamento nella maturità?

Sicuramente è stato un processo voluto. Ne ho sentito l’esigenza. Il fatto è che più manchi alla gente, più la gente ha voglia di te. E a dire la verità, io ci godo a fomentare questo processo di attesa. In più, a essere sinceri, per un anno intero mi sono preso del tempo. Avevo bisogno di cercare nuovi punti cardini per la mia musica. Volevo che la gente si rendesse conto che ero maturato, che avevo anni in più. Volevo che ciò si capisse, ma per fare ciò ho dovuto cercare argomenti diversi che rappresentassero questa crescita.

Hai citato la collaborazione con Siani: che mi dici del tuo rapporto con la scena teatrale partenopea? Sappiamo che nel tuo percorso è importante quanto la musica in studio.

E’ rimasta una base fortissima nel mio lavoro. Io sono nato come artista teatrale, anche se non come attore. Il mio primo approccio con il pubblico l’ho avuto a cinque anni, al Teatro Mediterraneo, una manifestazione organizzata da mio padre. Mi trovai catapultato sul palco senza capire nulla, al pianoforte. La gente che mi suggeriva le canzoni da suonare, classici napoletani e simili. Ho un grande rapporto con il palco. Se io sono riconosciuto come un “giovane anziano” è proprio grazie al teatro, dove mi sono fatto le ossa con gli spettacoli musicali.

A Napoli in particolare, la relazione tra artisti locali e pubblico ha un tono quasi intimo, personale…

Io ho un ottimo rapporto con la città, il pubblico, gli artisti e gli addetti ai lavori di questo mondo, che si ricordano spesso di me. Prima diventare autore ero stato uno di loro. L’università del marciapiede mi ha formato, mi ha indurito. A differenza però di altri che in questo ambiente sono rimasti ghettizzati, io senza l’aiuto di nessuno sono riuscito ad evolvermi, e a calpestare platee internazionali. Ho suonato nelle arene tedesche, in America. Tutto ciò è solo grazie alla musica e a questo tipo di rapporto che ho con il pubblico.

Hai il concertone al San Paolo in programma il 6 giugno. Che ci aspettiamo?

Ancora non ho deciso nulla! Ho il concerto, ma non ho nulla in testa. Di certo, oltre a presentare le canzoni del nuovo album, ho una grande voglia di riarrangiare le mie canzoni degli anni ’80. Voglio riprenderle in mano, e fare un regalo a quel pubblico che magari viene per la prima volta al San Paolo aspettandosi un excursus, che parte dagli anni ’80 fino ad oggi. Poi ovviamente qualcuno mi verrà a trovare, anche se non so chi… Una grande festa per la mia città.

E nel disco nuovo cosa c’è? Featuring, ospiti…?

Manca una feat importante, sul quale non dico nulla. Ci sto riflettendo molto: una mia idea era quella di chiamare un rapper famoso, ma sto considerando l’ipotesi di coinvolgere un altro nome sulla cresta dell’onda, della mia terra, caldissimo in questo momento. Io ho già avuto modo di duettare con Clementino, ora vorrei preparare una cosa nuova, studiata… Ci stiamo pensando. Lo saprete.