Forte del successo personale riscosso con la terza stagione de “I Medici, nel nome della famiglia”, Neri Marcorè parla delle sue due interpretazioni nelle Sacre Vesti di un Papa: in questo caso come Innocenzo VIII, nel 2006 come Giovanni Paolo I nella miniserie intitolata “Papa Luciani – Il sorriso di Dio”. E fa una divertente rivelazione: “Basta Papi nella mia carriera, due sono già abbastanza”.

E’ tornato a vestire i panni di un Pontefice Neri Marcorè, attore che tanto si è fatto apprezzare nel 2006 con l’interpretazione di Papa Luciani, ovvero Giovanni Paolo I, nella miniserie di Raiuno “Papa Luciani, il sorriso di Dio”. Questa volta è stato Papa Innocenzo VIII, uomo di nobili origini che assunse la guida della chiesa nel 1484 dopo la morte di Sisto IV, nel terzo capitolo della saga televisiva internazionale “I Medici, nel nome della famiglia”, otto episodi per quattro prime serate su Raiuno, di grande successo, terminate mercoledì 11 dicembre. Le puntate hanno registrato una media di circa 3.800.000 spettatori, aggiudicandosi, secondo il web, il titolo di “serie più internazionale” attualmente in tv.

Innocenzo VIII era consuocero di Lorenzo il Magnifico in quanto suo figlio illegittimo, ovvero Franceschetto Cybo, sposò Maddalena dè Medici, figlia di Lorenzo. In seguito affidò al Signore di Firenze anche il ruolo di Primo Consigliere del Papa. Emozione, e soddisfazione, dell’attore per aver potuto dar vita a questo personaggio tanto complesso in una produzione internazionale di tale portata. “Ma per me il detto “Non c’è due senza tre” non vale”, afferma ridendo. “Non credo proprio che farò altri Papi in futuro. Lo dico per far tacere i miei amici e quei colleghi che mi dicono che ormai, dopo aver indossato due volte l’abito talare della massima carica della Chiesa Cattolica, sono in odore di santità”.

Come è stato interpretare il ruolo di un pontefice che si batté contro l’eresia e che fu anche un grande mecenate, avendo commissionato opere ad artisti del calibro del Pollaiolo, del Pinturicchio, di Andrea Mantegna, e del Perugino?

“Intenso, perché in fondo siamo tutti davvero poca cosa di fronte a una figura come quella di un Papa. A volte si tifa per i vari pontefici quasi in modo “calcistico”, dicendo: mi piace più questo Papa, mi piace più quest’altro. In realtà siamo talmente lontani dalla preparazione e dalla spiritualità che ha un uomo che diventa il Padre di tutti i cattolici del mondo, che posso solo sperare di aver reso quella sacralità e quella levatura morale che il ruolo richiede. Certo, la simpatia personale conta poco rispetto a una figura così importante: ma a livello di vicinanza, più che a Innocenzo VIII nella vita reale mi sono sentito vicino a Papa Albino Luciani, colui che più di tutti mi è rimasto nel cuore”.

E’ stato perché l’hai interpretato?

“No, anche se ai tempi mi dicevano che, una volta vestito e truccato di tutto punto, gli somigliavo pure. E’ che gli volevo bene, è stato molto importante per me. Avevo solo dodici anni, ma comunque avevo notato, e mi piaceva, il suo atteggiamento quando avvicinava i bambini. Era simpatico, candido e umile. Amavo il suo modo di parlare con noi ragazzini e capivo quello che diceva. Non ne ero intimorito”.

Come sei venuto in contatto con la sua figura?

“Allora frequentavo la Chiesa, tra comunione e cresima tutti noi ragazzi di quell’età andavamo in Chiesa e all’Oratorio. Pratiche da cui in seguito mi sono un po’ allontanato. Mi ricordo che quando è stato eletto Albino Luciani sono stato felice, ed è strano perché un adolescente non viene colpito da queste cose. Poi, quando è morto così presto, è stato un grande dolore, una grande delusione. Inizialmente perché in quei 33 giorni di pontificato è stato capace di far crescere in me, ma anche in tante altre persone, un affetto sincero. Tanto che molti anni dopo, ho coronato il sogno di andare a visitare il paese in cui è nato, ovvero Canale D’Agordo, in provincia di Belluno”.

E poi?

“Quando sono stato più grande il dispiacere per la sua prematura scomparsa era dovuto al fatto che mi sarebbe piaciuto vedere cosa avrebbe combinato durante il suo pontificato. Perché si è capito che lui avrebbe impresso una svolta alla chiesa, gli avrebbe dato una “scossa”. Pensiamo a quelle riforme che aveva annunciato, ai piedi che stava calpestando: la questione dello Ior, della povertà e dell’umiltà della Chiesa, la Chiesa che è padre ma anche madre. E poi, udite udite, rinunciò al plurale maiestatis, parlando di sé non si riferiva al plurale ma al singolare. Per quei tempi era quasi impensabile”.

Hai detto che quando eri adolescente hai frequentato la chiesa ma poi ti sei un po’ allontanato.

“Tutt’ora mi pongo quotidianamente domande sulla spiritualità. Il fatto è che possiedo una razionalità così forte che mi rende difficile arrivare ad avere una fede cieca nella religione. So che avere fiducia incondizionata in Dio, avere fede è un dono. Ma questo non basta per farmi diventare un cattolico praticante. Però credo fermamente nella ricerca del bene, e se penso a come agisco nella mia vita di tutti i giorni, posso tranquillamente dire che seguo principi che si possono definire cattolici”.

Quale per esempio?

“Ama il prossimo tuo come te stesso. Oppure non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te. Anche chi non è credente può vivere secondo queste massime. Facendo del bene si vive felici. Il perché è un mistero, se sei credente te lo spieghi con la religione, se non lo sei lo accetti e basta”.

Dopo Papa Luciani c’è stato qualcun altro che ti ha ispirato emozioni simili?

“Papa Francesco, che infatti nel modo di rivolgersi ai fedeli e nella voglia di voler rinnovare la Chiesa ricorda moltissimo Papa Luciani. Papa Francesco non vuole certamente snaturare la Chiesa, vuole solo far sì che molte persone vi si riavvicinino sentendola meno “rigida” e anacronistica. Non a caso anche Papa Francesco ha chi dissente con il suo operato ma sfido chiunque a dire che non è un Pontefice genuino e trasparente”.

Magari tra una decina d’anni il terzo papa da interpretare, per te, potrebbe essere proprio lui.

“E’ solo per il grande affetto che nutro per lui, e non certo per mancare di rispetto a chi lo ama, che dico che più che interpretarlo in un film potrei imitarlo. Perché è perfetto per farne l’imitazione. Ho avuto il privilegio di essere ricevuto in udienza da Papa Francesco insieme a Paolo Belli da pochissimo, prima della partenza per seguire progetti di solidarietà in Terra Santa con la Nazionale di Calcio dei Cantanti. E’ stata una grande emozione, gli abbiamo regalato una delle nostre maglie chiedendo se voleva far parte della squadra. A sorpresa ci ha risposto di sì basta che lo mettevamo in porta perché a calcio è negato, da piccolo lo chiamavano “Piede Pesante”. Secondo me ha una carica di umanità e simpatia tale che se gli facessi l’imitazione si divertirebbe a guardarla anche lui”.