Una melodia euforica come la gioia. Una cupa sviolinata come un lamento straziante. Il nostro cervello riconosce le emozioni nascoste fra le note attraverso lo stesso meccanismo con cui comprende le sfumature emotive della voce umana.

La scoperta – che potrebbe spiegare l’universalità di certe reazioni innate alla musica – è frutto di due anni di ricerche condotte dagli psicologi dell’Università di Milano-Bicocca coordinati da Alice Mado Proverbio, che pubblicano i risultati sull’European Journal of Neuroscience.

I ricercatori hanno fatto ascoltare a un gruppo di 92 volontari ben 200 enunciati verbali con valenza emotiva (come “Tutti mi disprezzano”, oppure “Assolutamente fantastico!”). Oltre a 25 frasi neutre, tutte pronunciate da speaker professionisti. Inoltre hanno proposto 64 file audio di vocalizzazioni spontanee di uomini e donne adulti e bambini. Come gridolini di gioia, grida di sorpresa, risate, pianti, urla di paura, lamenti di tristezza.

Sia le voci che il linguaggio sono stati poi trasformati digitalmente in melodie eseguite al violino o alla viola/violoncello e presentati in cuffia. Durante l’ascolto, 32 volontari hanno valutato la componente emotiva degli stimoli stabilendone la valenza negativa o positiva, mentre gli altri 60 partecipanti hanno indossato sul cuoio capelluto 128 sensori metallici con cui è stata registrata l’attività elettrica cerebrale, confrontata con immagini anatomiche di risonanza del Montreal Neurological Institute.

Dai risultati è emerso che il cervello è in grado di riconoscere le sfumature emotive distinguendole in negative e positive. Per le vocalizzazioni tra i 150 e i 250 millisecondi dopo l’inizio dell’emissione. Verso i 350 millisecondi per linguaggio verbale e a partire dai 450 millisecondi per la musica strumentale. A partire da tale istante, il cervello esibisce risposte bioelettriche simili per i tre tipi di segnale (voce, musica, linguaggio), esaminando il loro significato emotivo attraverso neuroni specializzati della corteccia fronto-temporale.