Classe 1960, romano doc, Stefano Ambrogi è una pietra miliare della capitale, della sua storia cinematografica e teatrale. Il suo maestro è stato sua maestà Gigi Proietti, e il teatro il suo primo amore. Ha calpestato i più importanti palcoscenici d’Italia, portando in scena alcune delle pièce più note al grande pubblico: da RugantinoSogno di una mezza estate, passando per il Dramma della gelosia, riadattato proprio da Proietti. Nel cinema lo abbiamo visto lavorare a fianco di registi come Carlo Verdone, Carlo Vanzina e Fausto Brizzi e, anche per quanto riguarda il piccolo schermo, ha preso parte a lavori di spessore come Romanzo Criminale – La serie.

In questi giorni, da giovedì 9 a domenica 12 gennaio, Stefano Ambrogi torna al Piccolo Teatro San Paolo di Roma tra i personaggi de Il fantasma della Garbatella, un’opera teatrale indipendente firmata dal giovane Gabriele Mazzucco. Uno spettacolo divertente, fresco, leggero, ambientato in uno dei quartieri più caratteristici di Roma.

Intervista con Stefano Ambrogi, a teatro con “Il fantasma della Garbatella”

Stefano, da oggi e per tutto il fine settimana sei a teatro con Il fantasma della Garbatella, una pièce firmata da un giovane promettente come Gabriele Mazzucco. Tu che hai recitato in sceneggiature ben note, come Il vantone di Pasolini, Cyrano de Bergerac, La locandiera di Goldoni, Rugantino, La Tosca, questa volta invece hai deciso di sposare un progetto indipendente. Puoi dirci di più su questa scelta e sulle motivazioni?

Tutto nasce dall’amicizia con Gabriele Mazzucco, che è l’autore e il regista dello spettacolo. Mi ha proposto questo testo perché lui lo aveva già messo in scena con un altro attore che però era indisponibile. Perciò mi ha chiesto se mi andasse di sostituirlo. Io ho letto la sceneggiatura, l’ho trovata divertente, e ho detto: «Perché no, divertiamoci!».

Cosa ci dici invece del tuo personaggio?

Beh, è simpaticissimo. Lo spettacolo è una farsa, e di conseguenza si ride molto, si va molto oltre le righe. Il mio personaggio è un poveraccio, una di quelle persone che purtroppo, per via di un matrimonio infelice, si trova sotto schiaffo della moglie ed è vittima delle angherie di questa donna. Lui soccombe, soccombe fin quando, per un risvolto divertente, riuscirà a liberarsi da questo giogo. Il tutto è condito dal testo di Gabriele che è un susseguirsi di battute, di situazioni comiche, e il risultato è uno spettacolo davvero molto divertente.

Il Fantasma della Garbatella è ambientato in un quartiere ben specifico di Roma, quello della Garbatella appunto. Quanto questa ambientazione si ripercuote sullo spettacolo e sui personaggi? Insomma: quanta romanità c’è nello spettacolo?

Di romanità io ne porto molta. Gli altri personaggi, devo dire, non sono romani, eccezion fatta per il ruolo di Francesca De Cataldo, che è un’altra attrice che fa parte del cast e che interpreta una romanaccia che vuole parlare pulito, spesso senza riuscirci perché scivola involontariamente nel romanesco. La vicenda si svolge però a Roma, precisamente alla Garbatella. Non posso svelare più di tanto ma è la storia di una persona deceduta da qualche anno e che, per mandato del Padre Eterno, torna sulla Terra per vedere come vanno le cose tra gli umani. Il tutto, ovviamente, raccontato in una chiave molto divertente.

E tu invece, che rapporto hai con la Garbatella e, più in generale, con Roma come città?

Alla Garbatella non ho mai vissuto e quindi non la conosco così bene. Però la adoro, mi piace molto la sua edilizia popolare. Passando più in generale a Roma, beh, ce l’ho nel sangue, nel cuore. Io sono nato a Monteverde vecchio, ho vissuto lì i primi anni della mia vita, e poi mi sono spostato con la famiglia nella zona di viale Ippocrate / piazzale delle Province, dove sono stato fino all’età di trent’anni. Poi, come tutti i ragazzi che decidono di andare a vivere da soli o con altri amici, ho girato un po’ tutti i quartieri di Roma: ho abitato al Pigneto, all’Eur, a viale Giulio Cesare, a La Rustica. Roma ce l’ho nel cuore, come ogni romano. Chi nasce qui, non può non averla nel cuore.

Su questo non puoi che trovarmi d’accordo. In effetti, dando un’occhiata alla tua filmografia, si direbbe che tra te e la città di Roma, anche a livello cinematografico, esista davvero un filo rosso. Hai lavorato con Verdone, con Vanzina, accanto a Gigi Proietti e a Claudio Amendola…

Beh, per quanto riguarda Carlo Verdone, lui è un guru. Io ho preso parte a tre dei suoi film, sempre con ruoli piccolini, ma sempre incisivi. Lui è una persona squisita; al di là della bravura e delle doti artistiche indiscutibili, è anche una persona veramente amabile. Poi ho avuto l’occasione di lavorare con Gigi Proietti, che chiaramente è stato il mio maestro, quello che mi ha insegnato tutto. Tutto gli si può dire meno che non sia un romanaccio, uno che non conosca la romanità o che non la ami. E poi anche a teatro ho fatto Rugantino che è una maschera romanesca, che tutti i romani conoscono. Roma ce l’ho dentro, assolutamente sì.

Sei anche uno degli attori di Lo chiamavano Jeeg Robot, che racconta altri luoghi della città. È un caso oppure prediligi lavori di ispirazione e di ambientazione romana?

Prediligere no. Certo, mi piacciono molto. Se un testo è ben scritto, però, dove e quando si svolge non è rilevante.

Spostiamoci un attimo dal teatro al cinema: c’è qualche film in programma al momento?

Io ho tre film che sono stati nelle sale questo periodo o che vi arriveranno prossimamente. Il primo è Sono solo fantasmi di Christian De Sica. Il secondo è La mia banda suona il pop, per la regia di Fausto Brizzi, che uscirà il prossimo 20 febbraio. E poi arriverà nelle sale il 27 febbraio un film molto interessante, che si intitola La partita e che tratta un tema davvero molto sensibile: quello dello sfruttamento del calcio minorile, dei bambini che giocano a pallone. È un lavoro con attori straordinari: Francesco Pannofino, Alberto Di Stasio, Giorgio Colangeli. La regia è di Francesco Carnesecchi che è un giovane regista molto talentuoso.

Sembra molto interessante, lo segniamo in agenda. Concluderei chiedendoti tre motivi per andare a teatro a vedere Il fantasma della Garbatella.

Innanzitutto è una farsa che dura un’oretta, un’oretta e un quarto, quindi se volete passare un po’ di tempo in spensieratezza e farvi quattro risate, beh, è un’ottima occasione. Ci troviamo in un teatro molto carino che è il Piccolo Teatro San Paolo in via Ostiense e c’è anche l’occasione per andarci a mangiare qualcosa tutti insieme dopo, perché noi festeggeremo insieme dopo lo spettacolo in un ristorante lì vicino che ci aspetta. E poi perché il teatro è vita e cultura, quindi: che i teatri si frequentino, perché non fa mai male.

Lo spettacolo “Il fantasma della Garbatella” andrà in scena presso in Piccolo Teatro San Paolo (via Ostiense, 190 – Roma) giovedì 9, venerdì 10 e sabato 11 gennaio alle ore 21; domenica 12 gennaio alle ore 18.
Per info e prenotazioni: teatro@abbaziasanpaolo.org / 0669880811