Secondo una clamorosa indiscrezione del Fatto Quotidiano, Luigi Di Maio potrebbe abbandonare presto la guida del Movimento 5 stelle. Lo staff del ministro degli Esteri, però, smentisce seccamente. Di Maio, sostiene Il Fatto, potrebbe lasciare la carica di capo politico già prima delle elezioni regionali in Emilia Romagna del 26 gennaio.
Una tempistica – spiega il quotidiano – che gli consentirebbe di non doversi assumere la responsabilità di un’altra eventuale pesante sconfitta elettorale. I Cinque Stelle hanno già subito pesanti arretramenti in termini di voti soprattutto alle Europee 2019 e alle Regionali in Umbria. A pesare sulla decisione di Di Maio sarebbero anche le numerose diatribe interne al Movimento e le continue fuoriuscite dai gruppi parlamentari.
In mattinata, oggi 10 gennaio, sulla questione è apparsa la smentita dello staff di Di Maio. In una nota si definisce la ricostruzione del quotidiano diretto da Marco Travaglio “decisamente surreale“. “Appare anche singolare la scelta di aprire il giornale con questo falso retroscena – scrivono i collaboratori del ministro -. Di Maio in queste ore è impegnato in importanti dossier di politica estera, come la Libia, di forte interesse nazionale e che interessano la sicurezza del nostro Paese. È un fatto gravissimo, che ci sorprende”, conclude il comunicato.
Secondo la ricostruzione del Fatto, prima dell’addio Di Maio vorrebbe dare un nuovo organigramma al partito. A partire dai facilitatori regionali, pensati per riorganizzare la presenza del M5s sul territorio. Secondo il progetto, gli iscritti dovrebbero votare un elenco da cui poi sarà Di Maio, ancora capo, a scegliere i nomi finali. Una soluzione contestata però da diversi big del Movimento. E ora il ministro degli Esteri deve far fronte anche all’iniziativa di alcuni senatori pentastellati che hanno presentato un documento. In esso chiedono “la non sovrapposizione tra incarichi di governo e organizzativi”. Ovvero tra la figura del capo politico e ruoli di governo. Di Maio sarebbe, secondo le indiscrezioni, pronto a scegliere la Farnesina e a mantenere quindi il ruolo di ministro degli Esteri.
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