Abituiamoci presto a questa definizione: Xenobot. Non sono robot tradizionali né una nuova specie animale, ma un tipo di nuovo organismo programmabile. Gli Xenobot sono in pratica i primi robot viventi. E devono il loro nome alla rana africana Xenopus laevis.
Alcuni scienziati statunitensi, fra cui un gruppo dell’Università del Vermont – di cui vi mostriamo il video sugli Xenobot – hanno estrapolato cellule embrionali di rana per costruire questi nuovi organismi a metà strada fra un animale e un robot.
La notizia è riportata online sull’Ansa in un articolo a firma di Adele Lapertosa. Riassemblate grazie a un supercomputer per compiere funzioni diverse da quelle che svolgerebbero naturalmente – scrive Lapertosa -, le cellule di rana hanno permesso di ottenere organismi che in futuro potrebbero viaggiare nel corpo umano.
In sostanza, organismi artificiali simili a mini-robot, anche non esattamente tali. Capaci di svolgere funzioni fondamentali a garanzia della nostra salute e della nostra vita. Come ad esempio somministrare farmaci o ripulire le arterie. Ma anche individuare contaminazioni radioattive. Oppure, ancora, potrebbero essere rilasciati negli oceani. In questo caso gli Xenobot agirebbero come organismi “spazzini” per catturare le particelle di plastica.
È la prima volta che la scienza riesce a progettare macchine completamente biologiche. “Possiamo definirle robot viventi oppure organismi multicellulari artificiali – spiega all’Ansa Antonio De Simone, dell’istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa -. Perché svolgono funzioni diverse da quelle naturali”.
Il robot vivente è costruito con lo stesso Dna della rana. Ma non è affatto una rana: è una forma vivente riconfigurata per fare qualcosa di nuovo. La vera novità di questo lavoro, secondo De Simone, “è stata soprattutto utilizzare un algoritmo per generare il comportamento e l’evoluzione delle cellule”.