Cinema

Il genio bugiardo: 100 anni di Federico Fellini

«Eravamo due poveracci, senza una lira. Andavamo a mangiare in una latteria di Via Frattina e c’eravamo accattivati la simpatia della cuoca. Ordinavamo uno spaghetto e lei, sotto, ci metteva due bistecche e due uova. Io e Federico Fellini facevamo lunghe passeggiate, la sera. Sognavamo, parlavamo di aspirazioni, progettavamo di diventare io un grande attore, e lui sosteneva sempre: «Sta sicuro, Albe’, che io un giorno diventerò un grande regista, forse il regista più grande del mondo». […] Tutto quello che vi racconteranno, che non sia quello che vi ho raccontato io, probabilmente non è la verità e sapete perché? Perché probabilmente gliel’ha raccontata lui. Perché dovete sapere che oltre ad essere un grande regista, Federico Fellini è anche un grande bugiardo. È forse l’uomo più bugiardo del mondo. Però, ahò: Federico ha una capoccia così, eh!»
(Alberto Sordi)

A distanza di 100 anni dalla sua nascita e 27 dalla sua morte, “Federico il genio bugiardo” è proprio l’etichetta privilegiata dai media e dalla stampa per ritrarre Fellini.

Impossibile fare altrimenti, forse, di fronte all’incredibile tessitura di storie inventate, di balle e di racconti che il regista ha seminato durante la sua vita. Risulta molto più semplice, e per certi versi più realistico, raccontare Fellini come un gran bugiardo: un simpatico cantastorie, un sognatore ancorato ad uno stadio infantile o semplicemente un regista visionario. In qualsiasi modo si scelga di sorridere a questa affascinante fede nella menzogna, a questo suo bisogno di vivere di fantasia, ad un certo punto l’opinione pubblica si è arresa, ha sventolato bandiera bianca e si è accomodata, come a dire: “Va bene, se lo spettacolo è l’unica cosa che ci verrà mostrata, gustiamocelo”. E chiunque orbitasse attorno a lui ha imparato a lavorare alla sue regole, spesso incomprensibili; mentre il resto del mondo ha smesso di chiedersi chi fosse e dove si nascondesse davvero Federico Fellini. La risposta più invitante è che Fellini, in realtà, non c’era.

C’era però il suo personaggio, con le sue bugie. Così grandiose da diventare aggettivo. Così affascinanti da preferirle anche alla verità, come uno show continuo a cui si decidere di credere. L’infanzia nel circo, i retroscena del set, le scorribande notturne, le dichiarazioni pubbliche, le interviste e in fondo anche il suo ultimo addio. Tutto parte di un universo felliniano; perché come altro dirlo, sennò?

Quando l’umanità si sente unita

È il 2 novembre 1993 e durante il giorno dei morti l’Italia omaggia Federico Fellini nello Studio 5 di Cinecittà, allestito a camera ardente. La folla in pellegrinaggio supera le ventimila persone. Il documentario di Sergio Zavoli, In morte di Federico Fellini, custodisce le immagini di quello che sembra a tutti gli effetti un funerale di Stato. La salma di Fellini, con indosso lo smoking della serata dell’Oscar alla carriera, è sorvegliata da due carabinieri in alta tenuta. Un enorme telo su cui è dipinto un cielo alla Magritte fa da sfondo. Davanti alla bara sfila una processione interminabile di colleghi, amici e cittadini venuti da ogni parte, in un silenzio religioso, in un’atmosfera di incredulità.

Anita Ekberg lascia una rosa sul feretro, Mastroianni è chiuso in un silenzio imperturbabile, Sandra Milo e Anouk Aimée si abbracciano mentre Gassman frena le lacrime. Tonino Guerra piange, Monica Vitti protegge il volto dietro un paio di occhiali scuri, mentre il critico Gian Luigi Rondi lo nasconde tra le mani. Poco dopo sarà proprio Rondi a scrivere il suo ultimo saluto a Fellini con un testo emblematico: «È morto. Con l’angoscia, adesso, che anche il cinema muoia».

Forse lui non l’avrebbe detto, che un giorno il suo nome sarebbe stato associato a quello del cinema tutto. Forse invece sì, come ricordava l’amico Alberto Sordi. «Faccio i film perché mi piace raccontare delle bugie, inventare delle fiabe», si limitava a dichiarare Fellini fin dal 1958, «E dire le cose che ho visto e le persone che ho incontrato». E già questa, a pensarci bene, era una meravigliosa bugia.

 

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