“Se le donne governassero il mondo?”, ricamata su un maestoso arazzo-manifesto, la domanda è il centro della scena al Museo Rodin, di Parigi. “Sarebbe un mondo diverso”, risponde Maria Grazia Chiuri, direttore creativo Dior Haute Couture e Dior Womenswear, interrogata nel backstage poco prima della nuova sfiata Haute Couture per la prossima primavera-estate.

Maria Grazia Chiuri: “E se le donne governassero il mondo?”

“Ci sarebbero diverse relazioni con il potere e responsabilità diverse. Io sono sempre più convinta che la moda debba usare i mezzi e la visibilità che ha per sensibilizzare a livello collettivo il mondo. E ringrazio questa Maison che mi consente di esprimere la mia creatività nel modo più completo, attraverso la collezione ma anche il modo in cui questa viene presentata”.

E il modo, nel caso specifico, è un nuovo capitolo della ricerca sulla forza femminile e femminista che la Chiuri ha messo al centro del suo percorso stilistico fin dalla sua prima sfilata per la Casa di Avenue Montaigne.

Judy Chicago: “Con Maria Grazia abbiamo la stessa visione della figura femminile”

Il nuovo punto di partenza è l’opera “La Grande Madre”, ideata ma mai realizzata negli anni ‘70 dall’artista femminista americana Judy Chicago, signora sorridente e singolare con i suoi capelli rosa, decisamente soddisfatta di rispondere alle curiosità di pubblico e stampa.

“Sono fiera di aver collaborato a questo show”, ci racconta nel super congestionato backstage post sfilata dove Monica Bellucci saluta Michele Santoro accompagnato dalla moglie, Sigourney Weaver si ferma per i selfie con giovani e bellissime ragazze, internazionali jet setter seguaci dello stile Dior all over the world.

“Con Maria Grazia abbiamo una uguale visione della figura femminile e siamo entrambe convinte che l’ arte e la moda siano due mondi capaci di spingere con forza più in alto e in avanti, lo sguardo sulle donne”.

Le donne divinità di Dior

Donne forti capaci di tutto, di essere madri, mogli, sorelle e figlie. Ma anche al tempo opportuno capitane di industria (o direttore creativo di una Maison che in Francia è amata come il tricolore e la Marianna, ndr) senza rinunciare a nulla. Donne divinità, come quelle illuminate dai riflettori del Museo Rodin e dai tessuti dorati, sete luminose, intrecciate, chiuse in vita, il peplo, la forma più liquida e più semplice dell’abito trasformato in giacca recuperando le forme della linea Bar, emblema di Casa Dior.

Cordoni intrecciati sulla pelle nuda, scolli asimmetrici, colori meravigliosi, plissè, pieghe, leggerezza, soavità ma anche seduzione, i valori del savoir faire della Maison che si intrecciano ad una nuova visione della donna, il museo Rodin arricchito da bandiere- arazzo con domande sul femminismo e parità di genere ricamate in India da una scuola questa volta di sole donne, e non di uomini come vuole la tradizione del Paese, a Bombay.

E poi di corsa nel backstage, uomini e donne senza distinzione di genere e di età, ragazze di ieri e di oggi che fanno festa intorno a questa nostra italiana ai vertici di una delle Maison più prestigiose di Francia, capace con il suo lavoro e la sua sensibilità di afferrare l’essenza delle donne, di ogni generazione, di qualunque età. “Come si fa”, le chiediamo “a toccare corde cosi diverse?”. “Perché, probabilmente, non si smette mai di essere giovani dentro”.