Benedetta Raina ha solo 19 anni e mentre la intervisto per parlare dell’uscita del suo nuovo singolo continuo a chiedermi: “Solo 19? Impossibile. Dove nasconde gli altri 20?”.

Nata ad Alessandria nel 2001, Benedetta inizia a scrivere le prime canzoni tra i banchi della scuola superiore e forse è proprio lì che, lei per prima, capisce d’essere una tosta. Subito dopo se ne accorge anche il team di Noize Hills Records, che sceglie d’investire in lei e lanciarla come artista.

“Basta” è il primo singolo pubblicato, poi arriva “Davvero”, uscito in questi giorni. In un modo tutto suo, che mi affascina onestamente e con un pizzico d’invidia, Benedetta Raina ha trovato la chiave per trasformare in musica quel groviglio d’emozioni, malessere e impazienza, chiamato adolescenza.

Intervista a Benedetta Raina, la musica tra i banchi di scuola

Non mi sembra un percorso iniziato per caso, il tuo. Sei giovanissima ma hai già due singoli all’attivo e soprattutto un’etichetta discografica che ha puntato su di te. Tu a cosa punti? 

Sicuramente ho un sogno, voglio fare questo nella vita. Non penso farò mai nient’altro, se non scrivere e cantare. È un progetto che porto avanti da tanto tempo, ho avuto la fortuna qualche anno fa di conoscere il team di Noize Hills Records e da lì in poi abbiamo iniziato a creare musica insieme. Adesso spero solo di poter crescere come artista.

Nelle tue canzoni si avverte già un modo di pensare e fare musica molto chiaro, nonostante l’età. Come hai lavorato su questo aspetto, ti viene spontaneo?

Ho sempre avuto un modo di scrivere abbastanza spontaneo ma mi ci è voluto un po’ per tirarlo fuori veramente. All’inizio scrivevo in inglese, che ovviamente non è la mia lingua madre. Lo facevo per rendere i miei testi un po’ segreti, poco diretti. Iniziare a scrivere in italiano ha reso tutto più ‘puro’.

Il passaggio dall’inglese all’italiano ti ha fatta sentire vulnerabile?

Sì, e non è stato immediato. “Basta” è il mio primo brano pubblicato ma anche il primo scritto in italiano. Ero abituata a nascondere quello che pensavo dietro al filtro della lingua.

L’adolescenza è un periodo spesso carico di rabbia, confusione e insoddisfazione. Eppure i tuoi testi sono molto lucidi. Cosa succede nel processo creativo di un’adolescente che compone musica?

Quasi sempre il testo parte proprio dalla mia insofferenza. Credo sia una delle poche prima volte in cui ho raggiunto un equilibrio, senza farmi trascinare solo da una lamentela. La difficoltà la uso per scrivere, per evolvermi. Essere un’adolescente secondo me è molto vantaggioso, è un periodo molto creativo.

E quando ti guardi indietro e vai a riprendere un testo o una canzone di qualche mese prima, ti capita mai di sentirti più ‘adolescente’ che ‘cantautrice’?

Capita che non mi riconosca più in quelle parole, come se fosse una canzone più ‘infantile’. Ma quel brano rimane sempre una parte di me, un periodo importante. Come nel caso di “Davvero”, quando la riascolto oggi.

Tu sei stata collocata spontaneamente, da pubblico e stampa, nel panorama musicale indie-pop. È un’etichetta che senti tua?

La sento abbastanza mia, per quanto io non creda di appartenere a quell’indie tradizionale chitarra-voce, casareccio e bellissimo, ma nel mio caso c’è un po’ più di produzione dietro. Sono appassionata di musica elettronica e questo lo proto nelle mie basi.

Peraltro nel panorama indie-pop iniziano finalmente ad emergere anche le donne. Immagino tu ne segua qualcuna in particolare.

Certo. Ho iniziato ad ascoltare l’indie grazie a Calcutta, in realtà. Poi c’è stata da subito Francesca Michielin, mi piace molto perché la sua è una vocalità davvero internazionale, rara in Italia. Di recente ascolto parecchio Madame, una rapper con dei testi particolari, diventata famosa in un modo per niente scontato.

A proposito di fama, capita spesso che un certo tipo di pubblico si senta tradito dall’artista, quando diventa più ‘pop’ che ‘indie’. Temi questa svolta nella tua carriera?

Ascoltando io per prima molti artisti emergenti, mi sono sentita spesso dalla parte del pubblico. Quando segui per anni un artista sconosciuto e poi lo iniziano ad ascoltare tutti, è quasi naturale quella reazione. Come se il tuo piccolo mondo segreto venisse improvvisamente esposto agli occhi di tutti. Questo ti fa sentire un po’ meno speciale. Ma quello è anche il momento in cui l’artista cresce veramente.

E in cui conquista un successo meritato. Questo mi ricorda che tu hai ancora 19 anni: come gestisci la tua carriera nel quotidiano? I tuoi compagni di scuola ascoltano la tua musica?

A scuola mi ascoltano in tanti e questo mi riempie di soddisfazione. Alessandria è una città abbastanza piccola, ci conosciamo già tutti, ma quando vado in giro e qualcuno mi dice che apprezza la mia musica è bellissimo. Ho dato sempre molto peso alla musica, anche quando non era un impegno importante come ora. Da quando ho 14 anni non dico altro, la mia famiglia ormai lo ha accettato.

Sul tuo profilo Instagram non pubblichi frequentemente, ma ogni post ha uno stile preciso. La tua immagine social è studiata e riconoscibile: quanto conta questo per te, che sei un’artista della famosa generazione Z?

È vero, pubblico poco ma con uno stile preciso, e questo è proprio il riassunto di quello che credo sia il problema della mia generazione. È semplicissimo prendere il telefono e dire tutto quello che si pensa, far sapere tutto di sé. Ma farsi sentire in mezzo a tutti, in questo momento storico, è difficile. Perciò la sfida è far vincere la qualità contro la quantità. Le foto che pubblico me le studio un po’, l’estetica mi ha sempre affascinato in ogni campo. Frequento il liceo artistico, curo sempre il lato estetico di quello che faccio anche nella musica.

Nella musica e, chissà, magari anche in un primo disco…?

A breve uscirà il video di “Da Zero” e tante altre canzoni già pronte. Il progetto di un disco ancora non è imminente, ma il sogno c’è.