Gli anni più belli, Gabriele Muccino: “Voce di una generazione spaesata”
In uscita nelle sale giovedì 13 febbraio, Gli anni più belli è il nuovo lavoro cinematografico di Gabriele Muccino che porta sul grande schermo un cast eccezionale, formato – tra gli altri – da Kim Rossi Stuart, Pierfrancesco Favino, Claudio Santamaria e Micaela Ramazzotti. Esplicito calco di C’eravamo tanto amati, il film si discosta dal capolavoro di Ettore Scola per la scelta del soggetto: una generazione successiva, dall’indole diametralmente opposta rispetto a quella che era stata magistralmente interpretata da Gassman e Manfredi.
Gli anni più belli: trama
Gli anni più belli racconta la storia di quattro amici. Giulio (Pierfrancesco Favino), Riccardo (Claudio Santamaria) e Paolo (Kim Rossi Stuart), cui si aggiunge poi Gemma (Micaela Ramazzotti), che intraprende una adolescenziale storia d’amore con quest’ultimo. Perseguendo l’obiettivo di vivere all’insegna delle «cose che ci fanno stare bene», i quattro – dalle aspirazioni decisamente diverse – si ritrovano a prendere delle scelte che li definiranno come uomini e come donne. Decisioni non semplici, che porteranno l’amicizia che li lega a vacillare, ad allontanarli per poi farli tornare insieme. E finalmente far loro rendere conto che quelle cose che ci fanno stare bene sono le più semplici.
La storia sullo sfondo delle storie
Le storie dei protagonisti de Gli anni più belli si muovono sullo sfondo della grande storia, che accompagna, con delle immagini d’archivio, la narrazione. C’è la caduta del muro di Berlino, c’è il processo di Mani Pulite, c’è l’ascesa politica di Silvio Berlusconi, il crollo delle Torri Gemelle, l’avvento del Movimento 5 Stelle. Una serie di cambiamenti epocali, di episodi che non si limitano a inframezzare le vicende personali dei protagonisti, ma a definirle. È la storia di una generazione nata sul finire degli anni Sessanta, cui lo stesso regista appartiene, che è vissuta all’ombra della precedente. «Siamo stati schiacciati da tutto ciò che era la storia degli altri e noi non abbiamo mai avuto una nostra storia. Siamo stati una generazione di transizione, spaesata da tutto quel bagaglio di ideologie politiche che non siamo riusciti a metabolizzare», ha dichiarato il regista.
Un film sull’amicizia
«Il collante di questo film è l’amicizia, il valore che muove e tiene unite queste esistenze», ha poi spiegato Gabriele Muccino parlando de Gli anni più belli. «Sono esistenze che, naufragando per la maggior parte del film, ritrovano nelle cose più semplici che avevano conosciuto quando il mondo sembrava infinito, quando le verità erano in tasca, il loro senso più profondo, il loro motore». Ed è esattamente così: spesso sacrificata sull’altare del dio denaro, o per seguire gli impulsi sessuali, l’amicizia svela prepotentemente tutta la sua importanza quando le vite dei protagonisti sembrano sgretolarsi. E diventa non solo qualcosa a cui aggrapparsi nel momento del bisogno, ma una roccia su cui costruire un’esistenza felice.