Niccolò, lo studente di 17 anni di Grado (Gorizia) da molti giorni bloccato a Wuhan in Cina perché febbricitante, rientrerà in Italia sabato 15 febbraio. Il governo di Pechino ha autorizzato il volo per il suo rimpatrio. La partenza è prevista per domani 14 febbraio, secondo quanto riporta online l’Ansa.
A Roma, nel frattempo, i medici hanno dimesso dall’Istituto Spallanzani venti turisti cinesi tenuti in quarantena per due settimane. Tra essi anche cinque ragazzi minorenni. A salutarli l’assessore alla Sanità della Regione Lazio Alessio D’Amato e il direttore sanitario dell’ospedale Francesco Vaia. Prenderanno un volo per la Cina. E sempre allo Spallanzani è stata assunta la ricercatrice precaria Francesca Colavita che faceva parte dell’equipe che ha isolato il virus.
Intanto sale a 1.350 il numero di morti per coronavirus in Cina. Di questi 1.310 nella sola provincia dello Hubei, con 242 nuovi decessi registrati, ha detto l’autorità sanitaria locale. Solo ieri, 12 febbraio, il numero delle vittime in tutta la Cina era di 1.100. Il forte incremento è dovuto all’attuale ridefinizione operata dai sanitari dei casi da COVID-19. Nel suo aggiornamento quotidiano, la commissione sanitaria di Hubei ha anche confermato altri 14.840 nuovi casi nella sola provincia.
Le autorità hanno preso contromisure severe sul piano politico e amministrativo. Il presidente cinese Xi Jinping ha decapitato i vertici del partito nella provincia epicentro dell’epidemia. Per sanzionare inefficienze, omissioni e ritardi di fronte all’epidemia.
In Italia, intanto, il dottor Zhang, dell’ambasciata di Pechino, è intervenuto sui casi di intolleranza, offese e aggressioni violente. “Nella comunità cinese si sta diffondendo il panico – ha dichiarato accompagnando i venti turisti dimessi dallo Spallanzani -. Non per l’epidemia di coronavirus, ma per la sicurezza. Ci sono state aggressioni verso cinesi in Italia, non turisti, ma comunità cinese”. “Vorrei invitare gli amici italiani a fare attenzione alla sicurezza dei nostri connazionali che vivono e lavorano in Italia. A evitare pregiudizi, distinzioni, aggressioni. Insulti e minacce non sono tollerabili. È l’appello che voglio lanciare”.
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