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Brexit, nuove regole per gli ingressi nel Regno Unito: fuori chi non parla inglese

Dal prossimo anno, il 2021, la Gran Bretagna sbarrerà gli ingressi. Sarà quello il momento perché terminerà la transizione post Brexit. Non potranno più entrare i nuovi immigrati “a bassa qualificazione” e non a loro agio con la lingua inglese. Inclusi quelli che dall’anno prossimo busseranno alle porte dell’isola dai Paesi dell’Unione europea.

Stile Australia

Questo l’obiettivo del modello a punti di tipo “australiano” annunciato da tempo dal governo di Boris Johnson. La ministra dell’Interno, Priti Patel, ne ha illustrato i dettagli oggi 19 febbraio. Stando ai piani governativi, il visto di lavoro destinato a essere introdotto a regime dopo la Brexit potrà essere concesso solo ai richiedenti – europei e non – che abbiano un minimo di 70 punti.

Cosa occorrerà per entrare

Riceverà i punti soltanto chi avrà già in mano offerte di lavoro da 25.000 sterline l’anno in su. Oppure titoli di studio specifici (come Phd). Occorre qualificazione per settori con carenza occupazionale nel Regno Unito e conoscenza dell’inglese.

Le proteste dell’opposizione

Le opposizioni hanno contestato questa strategia, sostenendo che il modello australiano filtra ma incoraggia l’immigrazione, mentre questa versione minaccia di scoraggiarla tout court. Il Labour ha chiesto di assicurare almeno delle eccezioni in settori strategici quali la sanità, dove i ruoli infermieristici sono coperti attualmente in buona parte da stranieri. Mentre i Liberaldemocratici hanno accusato il governo di “xenofobia”. La Confindustria britannica, a nome degli imprenditori, ha da parte sua elogiato alcuni aspetti dell’annunciata riforma ma non senza riserve sui rischi di limitazione nel reperimento della forza lavoro da parte del business.

Tre milioni di cittadini Ue

La ministra Patel ha replicato che il mondo dell’impresa potrà contare ancora sugli oltre 3 milioni di cittadini dell’Unione europea che già lavorano nel Regno. Le nuove regole non li riguardano. Per il resto dovranno “abbandonare la ricerca del lavoro a basso costo” degli immigrati. E investire nello sviluppo di “tecnologie per l’automazione”.

Sadiq Khan, sindaco di Londra (a sin.) con il presidente del Parlamento europeo David Sassoli

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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