Lucio Brunelli, giornalista e vaticanista di lungo corso al Tg2, poi direttore per l’informazione a Tv2000 e Inblu Radio, ha conosciuto Papa Francesco ben prima che Jorge Mario Bergoglio salisse al soglio pontificio. E ha continuato a frequentarlo una volta eletto Pontefice. Nel suo ultimo libro, pubblicato proprio in questi giorni, svela all’opinione pubblica un volto più veritiero di questo successore di Pietro. Papa Francesco. Come l’ho conosciuto io (edizioni San Paolo) è un diario di ricordi basato su colloqui, lettere, telefonate. Ne emerge una straordinaria e delicata storia di amicizia, parola che per pudore l’autore non usa mai nei confronti di Francesco. VelvetMag ne ha parlato con Lucio Brunelli.

Ha conosciuto Jorge Mario Bergoglio da vaticanista del Tg2, 8 anni prima che diventasse pontefice: qual fu la sua impressione?

Sapevo di lui dai racconti di alcuni amici: un cardinale che viveva come un monaco, si alzava alle 4 per pregare, rifiutava ogni mondanità. Non solo: si muoveva in città con i mezzi pubblici, non dava interviste. Mi affascinava questa figura ma mi metteva anche soggezione. Così austero e severo. Invece quando lo incontrai di persona, nell’ottobre 2005, a casa di Gianni Valente e Stefania Falasca, a Roma, mi trovai di fronte un uomo di Dio, certamente, ma che ti metteva subito incredibilmente a tuo agio. Mite ed ilare. Mi chiese se potevo pregare per lui e sentii che non era un convenevolo clericale. Mentre aspettava che rispondessi, mi guardava come se in quel momento la mia risposta fosse per lui la cosa più importante del mondo.

Fra voi è nata un’amicizia, rimasta tale anche dopo l’elezione di Francesco. Come è nata l’idea di questo libro “che non doveva essere un libro”?

Non riesco ad usare il termine amicizia, non do del tu al papa. Per me è stato un padre. Un sacerdote al quale nei momenti importanti della mia vita ho potuto aprire la mia anima, condividere pensieri, dolori e gioie. Sono andato in pensione un anno fa, e sentivo il dovere di scrivere qualche ricordo di questo incontro speciale. Prima che il tempo logorasse, ahimé, la memoria. Pensavo a un diario destinato ai figli e agli amici più stretti. Poi proprio alcuni amici leggendo queste pagine mi dissero che la lettura gli aveva “fatto bene”. E cioè che avevano capito meglio Bergoglio, e mi hanno convinto a pubblicarlo. Lasciando la forma di un racconto in prima persona. L’editore, la San Paolo, ha subito creduto in questo progetto.

Il papa vive anni difficili, per molti aspetti tormentati. Fra guerre, economia che stritola i poveri, forti contestazioni nei suoi confronti dall’interno della Chiesa. Come affronta tutto questo?

Il papa è un uomo, soffre come tutti noi per quello che di doloroso accade nel mondo e attorno a noi. Ma è un uomo di Dio, ha avuto la grazia di sperimentare una pace profonda che dal momento dell’elezione non l’ha mai abbandonato. Per me è un mistero come faccia a non stressarsi con tutti i pensieri, i dossier complicati che deve esaminare, l’odio e le mistificazioni che a volte deve subire. Per molto meno io perdo il sonno. Lui invece “dorme come un legno”. L’origine di questa pace sta in quella fede che forse, paradossalmente, è la sua dimensione meno conosciuta.

Molta parte dell’opinione pubblica giudica Francesco non dal punto di vista della fede…

A destra e a sinistra infatti si guarda di più a lui come un papa politico. A destra per sostenere la tesi assurda di un papa che non parlerebbe di Dio ma solo di questioni sociali. A sinistra perché si vede in lui uno dei pochi leader mondiali capaci di contestare l’onda sovranista, difendere la dignità degli immigrati e contestare una “economia che uccide”. Ma Francesco sarebbe incomprensibile senza la sua fede. Non reggerebbe umanamente l’impatto della responsabilità. Tutti i giorni recita una preghiera di san Tommaso Moro: “Signore donami il buon umore”. Ha detto una volta che l’umorismo è l’espressione umana più “vicina alla Grazia divina”. Perché se uno si affida al buon Dio impara a non prendersi troppo sul serio, impara a sorridere di tutto, specialmente dei limiti propri e altrui.

Quali sono le sfide del futuro che il Pontefice ha di fronte?

Lui dice spesso che la sfida più impegnativa che ha di fronte è prepararsi all’incontro finale con il Padre eterno. Arrivare davanti a Lui con il cuore sereno e la coscienza il più possibile a posto. Avendo davanti questo orizzonte si sente libero di non curarsi troppo dei condizionamenti esterni ma di seguire la strada che in coscienza sente più giusta. Ossia il desiderio di una Chiesa che assomigli un po’ di più al suo Signore, quindi vicina alla gente, libera di fronte al potere, attenta ai più poveri, capace di testimoniare la verità e la mitezza di Cristo.

C’è un segreto di vita personale con cui Francesco affronta la sua missione?

L’unico “segreto” che sono riuscito a carpire è la sua preghiera. Questo papa spesso definito “rivoluzionario” si nutre di una preghiera molto tradizionale: rosari, adorazione eucaristica, novene.. Una volta gli confidai un grande dolore: il giorno dopo mi arrivò a casa una busta piena di santini di San Giuseppe e santa Teresina del bambino Gesù con le formule per invocare la grazia in situazioni che umanamente sembrano inestricabili. Nel retro della busta, con la sua tipica calligrafia minuta c’era scritto il mittente: una sola lettera, F, e l’indirizzo, casa Santa Marta, 00120 Città del Vaticano.