«Sì, la potremmo definire davvero una sfilata della memoria, la mia memoria. Quella della fine degli anni ’70 e di una società che cambiava, quando vedevo le donne entrare nella sartoria di mia mamma e chiedere abiti nuovi, forme diverse e più libere. Ho voluto rileggere quei tempi con la consapevolezza e l’esperienza professionale di oggi… Forse questa sfilata è cosi personale proprio perché dopo tre anni e mezzo da Dior sono come uscita da una confort zone. Perché conoscere un’altra azienda, un’altra cultura, un altro background, significa anche conoscere e rileggere anche molto meglio te stesso. Capisci molto di più da dove vengono certe cose e del perché sei così. Rivedi anche te e il tuo passato in un modo diverso».
La sfilata Dior vince anche sul Coronavirus
Maria Grazia Chiuri, nel backstage della sfilata Dior dedicata alla collezione femminile per il prossimo inverno, è soddisfatta. Visibilmente soddisfatta. Nella tensostruttura allestita nei giardini di Le Tuileries, il cuore di Parigi e del Louvre, tutti sono arrivati a dispetto del Coronavirus per assistere ad uno degli show più personali e potenti messi in scena fino ad oggi dalla designer romana, dal 2016 alla guida creativa donna e haute couture Dior, la Maison di Monsieur Christian, per Parigi e per la Francia non solo un’azienda di moda, piuttosto un simbolo di eleganza, cultura e dna parisien oggi universalmente riconosciuto.
Prima donna al timone creativo della Casa che la Chiuri sta ridisegnando a colpi di femminile femminismo. E la scritta “I am I” che accoglie gli ospiti nella tensostruttura ne è ulteriore riprova: non solo segno di personalità, individualità e carattere delle donne ma anche titolo della mostra dedicata alla scrittrice Carla Lonzi ospitata dal prossimo 23 Marzo alla Galleria Nazionale d’arte moderna di Roma, grazie alla sua direttrice Cristiana Collu e al supporto di Dior, con la spinta di Maria Grazia.
E su mood board, il grande pannello che ospita il collage di intuizioni fotografiche, gli spunti e gli scritti da dove poi prende vita una collezione, i testi della Lonzo si uniscono alle foto di Palma Bucarelli, Carla Accardi, Silvana Mangano, Monica Vitti e Virna Lisi, ma anche alle kodak sbiadite di famiglia di una Chiuri adolescente con la mamma. «La collezione è anche un mio diario visivo scaturito anche da fotografie sfuggite al più banale dei traslochi», racconta la designer.
Maria Grazia Chiuri: «I miei abiti? Bellezza e praticità»
«Volevo descrivere un cambiamento senza essere didascalica, cercando di trasferire in modo universale e più moderno i codici della Maison, aggiungendo la maglia, il taglio sbieco per dare movimento e fluidità. Per me è impensabile fare abiti che siano slegati dalla loro funzione, devono essere belli certamente, ma anche pratici, facili da indossare. E la semplicità nella creatività è una delle cose più difficili da raggiungere».
E cosi è, perché in sfilata ogni uscita è una bella sorpresa e un desiderio tra silhouette lunghe e morbide mosse da pieghe, il gioco delle frange, anche in pelle, il check che ritorna sempre allegro e “stiloso”, inconfondibilmente Dior, le giacche dalla linea “Bar” ma realizzate in lana double a punto Milano e le borse, le tote in canvas e ricamate cui si aggiungono le versioni in velluto, sulle orme delle inconfondibili borse realizzate a suo tempo da Roberta di Camerino. Tutto è una sorpresa, una bella sorpresa, a partire anche dall’allestimento dello show, scritte femministe al neon e a colori e pavimento tappezzato di giornali, il News Floor, opera dell’artista collettiva Claire Fontaine ispirata a Henry Matisse, che dipingeva tappezzando di giornali il suo studio.
«Quando è arrivata Bianca Jagger»
«Io volevo a tutti i costi studiare al liceo artistico ma a Roma in quei tempi era abbastanza complicato e mamma scelse per me tutt’altra scuola (l’Assunzione ai Parioli, quartiere frequentato dalla borghesia della Capitale, ndr). Ma alla fine è andata bene ugualmente», conclude la Chiuri. «Oggi mi trovo qui a lavorare sulla creatività e sulle donne cercando di dare il meglio, per far emergere la loro parte personale e migliore. Una cosa molto divertente è stata che durante i fitting ero ossessionata nel voler fare un look che nella mia memoria fosse Bianca Jagger e in quel momento è arrivata lei. Allora le ho detto che nessuno veramente quando vede le sue immagini si ricorda il designer dei suoi abiti ma tutti ricordano il suo stile. Credo che questo sia un grande messaggio da dare nella moda. Prendere dei pezzi, rimetterli insieme, ma indossarli sempre con uno stile assolutamente personale e libero, sempre».