L’urgenza causata dall’epidemia italiana di coronavirus ha rilanciato con maggiore urgenza che mai il dibattito attorno allo smart working. Il lavoro agile è da tempo al centro del discorso per quanto concerne le occupazioni digitali (dunque, ad oggi, la stragrande maggioranza degli impieghi), con particolare attenzione ai settori pubblici; ovviamente, i miti propositi di allargare il bacino di aziende aperte a questa impostazione erano sempre caduti nel vuoto, prima dell’arrivo prepotente in scena del fattore quarantena. Le settimane di chiusura forzata in uffici e luoghi pubblici ha dunque costretto a riprendere in mano la questione, mettendola in cima all’ordine del giorno.
Ma cos’è esattamente lo smart working? Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali lo definisce inequivocabilmente come” una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività“. In poche parole, la versione moderna e aggiornata del classico “lavoro da casa”; più precisamente, il proposito di sgravo dalle spalle del lavoratore degli obblighi di presenza e puntualità in un contesto di coordinazione strutturata, con la gestione del lavoro affidata alla responsabilità del singolo.
Con l’epidemia di Coronavirus si riapre il dibattito attorno allo smart working: il recente decreto ha definitivamente imposto di incentivare la pratica
Fino ad oggi, le potenzialità offerte dallo smart working avevano trovato una certa resistenza da parte dei datori di lavoro di tutta Italia. Anche in un mondo ormai completamente digitalizzato come il lavoro di ufficio, la dittatura di orari e cartellino sembrava inscalfibile dalla modalità di pensiero contemporanea. Ci ha dovuto pensare il Coronavirus a riaprire a forza il dibattito; il Ministero della pubblica amministrazione aveva già pubblicato una circolare per incentivare l’incremento nell’ordine del 10 per cento. Il recente decreto si spinge molto più in là.
Secondo quanto recitato dal decreto Dl 9/2020, per le pubbliche amministrazioni lo smart working non sarà infatti più un’opzione. Secondo quanto riferito, gli uffici pubblici saranno formalmente tenuti ad incentivare il lavoro a distanza, fornendo supporto tecnico e materiale ai propri lavoratori. Non più una possibilità, ma un obbligo vero e proprio. Inevitabile l’implementazione di piattaforme per la comunicazione, la condivisione dei dati e la conference call; necessità ora sulle spalle dei datori di lavoro, che in caso di mancato adempimento arriverebbero ad incorrere a sanzioni. Più che il futuro, il lavoro agile è il presente.
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