L’Italia è il primo Paese del mondo chiuso per coronavirus. La situazione è sempre più pesante sia per il carico di pazienti in cura negli ospedali che per la curva dei contagi.
Eppure uno spiraglio di luce c’è. A Codogno non c’è più alcun nuovo contagio da martedì 10 marzo.
Il paese del lodigiano è celebre in tutto il mondo per aver registrato il primo ricoverato da coronavirus riconosciuto in Italia, che adesso è uscito dalla rianimazione.
Immediato è arrivato il commento di Francesco Passerini, sindaco della città oltre che presidente della Provincia di Lodi. “Siamo particolarmente felici di questo che ci sembra un grande risultato ma vogliamo dire che noi, che siamo stati zona rossa del lodigiano, la quarantena l’abbiamo fatta seriamente“.
“E certamente è per questo che adesso assistiamo al calo che speravamo”, aggiunge. “La battaglia non è finita – conclude il sindaco – ma se manterremo tutti quanti i comportamenti intelligenti dettati dal governo allora avremo solo qualche settimana di sacrificio e poi ne saremo fuori”.
Come hanno fatto, dunque, a Codogno, per superare nell’arco di una ventina di giorni la pandemia del coronavirus? Sbarrando tutto e restando in casa. Applicando, cioè, ferree regole di quarantena. All’antica, si potrebbe dire. Uscendo mai o soltanto per ragioni strettamente indispensabili. E comunque il meno possibile e il più rapidamente possibile.
C’è poco da fare: è quello che tutti gli italiani devono fare. Adesso. Subito. Senza perdere un minuto di più. Come hanno affermato e affermano epidemiologi e infettivologi l’unica arma che abbiamo contro il coronavirus è stare a casa. Servirà a rallentare il diffondersi del contagio. In modo che il virus si esaurisca prima e medici, infermieri e anestesisti non restino stremati da un superlavoro, costretti a selezionare i pazienti da intubare e quelli da lasciar andare, per mancanza di posti letto nei reparti di terapia intensiva.