Coronavirus, scoppia la protesta nelle fabbriche: “Ci fermiamo, non siamo carne da macello”
Gli operai delle fabbriche sono al lavoro. Il decreto dell’11 marzo, operativo da oggi, non li ha fermati. “Purché le aziende garantiscano la sicurezza” ha stabilito il governo. Ma a poche ore dalla rivoluzione senza precedenti nella vita degli italiani – tutto chiuso fino al 25 marzo tranne trasporti, esercizi commerciali essenziali, e, appunto, la produzione industriale – la situazione sta precipitando.
Asti, Vercelli e Cuneo
Sono scattati scioperi e proteste in varie parti del Nord Italia. Nelle provincie di Asti, Vercelli e Cuneo sono in corso fermate e scioperi nelle fabbriche con adesioni altissime, fa sapere la Fiom Cgil del Piemonte. Il sindacato cita i casi delle fabbriche Mtm, Ikk, Dierre, Trivium.
Brescia e La Spezia
Stop anche nel Bresciano. “Nelle fabbriche si stanno determinando confusione e panico anche perché si registrano i primi casi di contagio. In alcuni casi non vengono resi pubblici dalle aziende”, dice la Fiom Cgil Piemonte. Sciopero di 8 ore nello stabilimento Fincantieri del Muggiano (La Spezia). Lì i dipendenti diretti e dell’indotto hanno incrociato le braccia dopo che ieri 11 marzo è arrivata la conferma del contagio da coronavirus per un lavoratore. L’uomo era ricoverato da 13 giorni e ora è in terapia intensiva all’ospedale spezzino Sant’Andrea. I colleghi con cui è entrato in contatto sono in “quarantena”.
I sindacati: “Stop fino al 22 marzo”
I sindacati metalmeccanici confederali – Fim (Cisl), Fiom (Cgil), Uilm (Uil) – ritengono necessaria una momentanea fermata di tutte le imprese metalmeccaniche. “A prescindere dal contratto utilizzato, fino a domenica 22 marzo. Al fine di sanificare, mettere in sicurezza e riorganizzare tutti i luoghi di lavoro”. “I lavoratori sono giustamente spaventati”. Riportiamo qui sotto il documento sindacale per intero, così come postato su Twitter dal segretario generale della Fim-Cisl, Marco Bentivogli.