Nel corso degli anni Francesca Michielin ha seguito un percorso tutto suo. Difficile paragonare l’ex star di X-Factor con altri protagonisti del talent, tutti in un modo o nell’altro rimasti a gravitare nell’orbita del pop melodico più tradizionale; a differenza dei propri colleghi, il lavoro di Michielin è invece andato diversificandosi, arrivando nel giro di pochi anni dalla tv al MI AMI, il celebre festival milanese della scena indipendente locale. Da sempre in bilico tra realtà più o meno nascoste del panorama italiano e produzioni di altissima classifica, la venticinquenne di Bassano del Grappa ha abbracciato nel corso dell’ultimo biennio l’evoluzione delle correnti trap; ha collaborato con icone it-pop quali Carl Brave, Calcutta e Paradiso; ed ha imparato ad ibridare e confrontare la sua musica con quanto di nuovo il panorama italiano riuscisse ad offrire.
Il nuovo lavoro, fuori da oggi, 13 marzo 2020, si intitola FEAT (Stato di Natura) e come deducibile vedrà Francesca Michielin alle prese con il suo primo album di collaborazioni. La raccolta affiancherà la musicista ad una serie di produttori, beatmaker e cantanti del panorama contemporaneo; una selezione di primissimo livello e grande ambizione, come confermato dai numerosi singoli presentati nel corso degli ultimi giorni. L’epidemia da Coronavirus ha spostato inevitabilmente l’attenzione, ma l’attività promozionale non si è in realtà mai fermata. Gli ultimi brani estratti da FEAT hanno visto la partecipazione di Fabri Fibra, Coma_Cose, Maneskin (il cui singolo accompagnerà l’uscita del disco); tutti presentati attraverso una serie di set, trasmessi via streaming per ovviare alle inevitabili misure di sicurezza di questo periodo. La ricchissima tracklist (undici tracce, altrettanti featuring) preannuncia inoltre le apparizioni di gente come Takagi e Ketra, Gemitaiz, Elisa e ancora Carl Brave.
In un’intervista rigorosamente a distanza, Francesca Michielin ci ha raccontato il clima da cui è nato questo nuovo lavoro; il retroterra personale, le scelte degli ospiti, e il suo valore in un percorso artistico in continuo arricchimento.
Intervista a Francesca Michielin
Parlaci di Monolocale. È un pezzo quasi amaro, per come racconta il culto dell’immagine e del successo nel mondo del pop, e i cambiamenti personali che ne nascono.
Monolocale è il primo pezzo che ho scritto per questo album ed è un brano molto speciale per me. Il monolocale è una sorta di simbolo del vivere sintetico, dove c’è poco spazio per vivere, appunto, ma anche per il dialogo. Il brano descrive infatti – con una prospettiva rovesciata – la vita di coppia di chi sta insieme ad un artista che, man mano che la sua popolarità aumenta, si allontana sempre più.
È seconda volta che collabori con Fabri Fibra: avendo cominciato con Fedez, è un po’ un percorso di maturazione interno al rap. Anche alla luce di Gange e Cheyenne, è chiaro che c’è una forte affinità col genere. Come si è sviluppata?
Il linguaggio rap ha da sempre fatto parte del mio universo musicale; dal crossover dei Rage Against The Machine, che mescola rap e rock, che nell’album si ritrova per esempio in Stato di Natura feat. Måneskin, all’hip hop americano degli anni Novanta e Duemila. In FEAT (STATO DI NATURA) ho scelto di collaborare con molti artisti provenienti da questo ambito e che, attraverso i loro modi diversi di fare e intendere il rap oggi in Italia, hanno dato il loro contributo a questo album eterogeneo: da Fabri Fibra, a Gemitaiz, da Shiva a Charlie Charles, ai Coma_Cose.
FEAT sarà un intero album di collaborazioni con musicisti contemporanei: come hai individuato chi poteva darti qualcosa?
Non c’è stato un criterio, un metodo vero e proprio. Sentivo la necessità di sperimentare l’incontro tra stili diversi. Ho scelto di raccontare le mie tante anime musicali e ogni artista che ha collaborato con me mi ha aiutata ad esprimerla al meglio. Ciascun featuring mi ha permesso di rapportarmi con una realtà diversa; il fil rouge è quello del dualismo tra il mondo musicale urban e quello più analogico, che riflette il mio desiderio di raccontare il parallelismo tra la dimensione cittadina e quella naturale.
E su un piano tematico, come ha influito quest’ultimo anno di vita sulla scrittura dei nuovi brani? Nei primi singoli ci sono già temi che ritornano: maturazione, rimpianto, le contrapposizioni tra la fama e l’anonimato, la metropoli occidentale e un immaginario lontano, esotico…
In FEAT (STATO DI NATURA) emerge un incontro-scontro, che ho vissuto negli ultimi anni, tra due dimensioni: quella della natura, da cui provengo, e quella cittadina, che ho trovato quando mi sono trasferita a Milano. L’impatto iniziale non è stato facile, il confronto con la vita frenetica, gli spazi ristretti e chiusi della città influisce anche sulle relazioni umane. Spesso si sente la necessità di ritrovare un’isola felice anche interiore, spirituale, che ci faccia sentire al sicuro. È questo il dualismo che muove tutto l’album e che ho cercato di tradurre in musica.
Il tuo percorso è stato bizzarro: sei partita dai talent, dai grandi singoli e da Sanremo, e ti sei ritrovata una dimensione indipendente con il tempo, arrivando a suonare anche al Mi Ami. È stato voluto?
Non ho mai smesso di cercare, di studiare, di guardarmi attorno, cercando sempre di migliorarmi come artista: credo che quindi tutte le esperienze, da quelle passate alle più recenti, per quanto diverse tra loro, abbiano contribuito alla mia formazione. Sono arrivata a questo album attraverso ognuna di esse e grazie una grande curiosità e un lavoro di continua ricerca.
In passato hai definito 2640 del 2018 il tuo primo album: come vivi oggi i tuoi primi due lavori, rispetto alla svolta più personale arrivata dopo?
Sono stati sicuramente tappe necessarie e importanti del mio percorso, che mi ha portata poi a 2640, che era un po’ la mia carta d’identità, in cui ho portato avanti ancora la mia ricerca come cantautrice e musicista, fino ad arrivare a questo nuovo album, FEAT (STATO DI NATURA).
Una cosa che ci hanno detto molte popstar è come sia cambiato in pochissimi anni il mercato italiano, a livello di libertà e sperimentazioni di stili concessi agli artisti. Sicuramente è anche il tuo caso.
Il mio è un percorso di crescita ed evoluzione continua. Con questo album ho avuto la possibilità di scoprire e rafforzare diverse mie sfaccettature come cantante e musicista. Il confronto con tanti altri artisti che stimo, poi, mi ha arricchita ulteriormente e mi ha permesso di sperimentare musicalmente in ambiti che avevo da sempre voluto esplorare. Credo sia un momento felice per farlo e che FEAT (STATO DI NATURA) sia anche il risultato di questa libertà.
Come è stato invece tornare a Sanremo, da ospite per il duetto di Levante? A vent’anni avevi quasi rischiato di vincerlo.
Quello di Sanremo è un palco impegnativo, ma ho un ricordo molto positivo di quell’esperienza. Quando Claudia mi ha chiesto di accompagnarla durante la serata delle cover insieme a Maria Antonietta ho risposto con entusiasmo al suo invito. Cantare “Si può dare di più” con due artiste che stimo è stato un momento importante, credo che abbiamo reso omaggio a un grande classico, arricchendolo di un nuovo significato.
Una cosa tutta tua è il grande lavoro per cinema e colonne sonore, che ti ha portato anche a Cannes e Venezia. Come sono nate queste esperienze?
Il mondo del cinema mi ha da sempre affascinata ed essere scelta per diverse colonne sonore è stato un onore per me. Sono state esperienze che hanno divertito e hanno ulteriormente arricchito il mio percorso, avendo avuto anche la possibilità di confrontarmi con grandi artisti internazionali.