L’abbiamo vista svuotarsi letteralmente dal giorno alla notte. Era la sera del 9 marzo quando il Presidente Conte ha chiesto all’Italia di fermarsi. Restare a casa è diventato un mantra, un hashtag, una supplica. Le nostre città ora raccontano un silenzio che non ci è mai appartenuto. Milano ha fatto da apripista con i suoi scenari desolati, e oggi qualcuno rimpiange di non averla presa sul serio: un impatto irreale, da “da film apocalittico”, ma che sembrava ancora isolato e lontano dal resto del Paese. Poi noi, Roma.

Viale delle Milizie

Per chi vive qui, nella Capitale, sembra un paradosso inafferrabile. Perché quella frenesia produttiva che lega Milano ad un immaginario di quotidianità veloce, instancabile, scandito da ritmi serrati, lega altrettanto Roma al suo caos. Noi qui la chiamiamo caciara. Quella dei mercati, del traffico sul raccordo, di quei 50 minuti canonici per trovare parcheggio e degli altri 20 per ricordarsi dove andare a ripescare la macchina; quella dei mercati brulicanti, delle urla dei venditori, dei saluti gridati dalle finestre – anche quando non serve -, dei vicoli in cui il romano sgomita con il turista e il turista ride divertito o indietreggia, un po’ spaventato da tutta ‘sta caciara.

Stadio Olimpico

Le strade deserte di questa Roma apocalittica, ora, sembrano quasi una punizione. Il suono delle pattuglie dei vigili urbani ci ricorda di restare a casa, e l’urlo dei gabbiani che sorvolano le piazze e il lungotevere, sono la voce più grossa di questa quarantena. Poi, venerdì 27 marzo, Papa Francesco si affaccia su piazza San Pietro con un’immagine che farà la storia. Lo sentiamo subito, ce ne accorgiamo insieme a tutto il resto del mondo, che segue in diretta televisiva la benedizione Urbi et Orbi, un’indulgenza plenaria in tempo di pandemia.

Verso lo Stadio Olimpico

Un’assoluzione totale ad una colpa che sembra riguardarci tutti. Sei candelabri illuminano il sagrato mentre Francesco avanza, e San Pietro luccica come fosse un film. Poco prima ha piovuto, la luce si riflette sulla scalinata della basilica vaticana e tanta meraviglia ci inorgoglisce, senza volerlo: ancora una volta Roma si presta perfettamente al suo ruolo di città eterna, culla del cinema, scenografia naturale per il racconto apocalittico. Tutto è perfetto, epico, irripetibile. Roma così non la vedremo mai più. Qualcuno chiede sul web: ma le riprese sono di Sorrentino? No, anche lui è chiuso in casa, e commenta: “la forza dell’immagine può cambiare le cose”.

Coni Piscine 2

È vero. La forza delle immagini di queste settimane, che ormai diventano mesi, forse cambierà qualcosa. O molto probabilmente no. Forse torneremo alla nostra caciara dimenticandoci tutto questo e pensando che, in fondo, questa Roma vuota era perfino più bella di quella Roma città aperta raccontata da Rossellini nel ’45, quando la guerra non si combatteva da casa ma sotto le bombe.

Ponte Milvio

Così oggi aspettiamo e scopriamo il nuovo volto della nostra città. Perfino Piazza Trilussa è immobile, nuda come davvero non l’abbiamo vista mai. Neanche il 15 di agosto, quando i turisti più furbi vengono a visitarci e offrono una birra gelata ai trasteverini accaniti, quelli che… “che ce vado a fa’ in villeggiatura, io a Roma sto tanto bene”.

Viale di Tor di Quinto
Metro Ottaviano
Siamo un Grande Paese
Viale di Tor di Quinto

PHOTO CREDITS: ALESSANDRO CIDDA