Francesco De Gregori in una lunga intervista all’ANSA ha parlato della difficile situazione in cui versa il nostro paese e il settore dell’intrattenimento in generale, spesso bistrattato:
L’Italia è notoriamente il Paese del bel canto: forse per questo la gente pensa che tutti possano cantare e quindi che la nostra non sia una professione vera e propria.
Francesco De Gregori continua, preoccupato dalle sorti economiche del mondo dello spettacolo. Settore che ripartirà fra le ultime rispetto agli altri settori e che era in difficoltà già da prima dell’emergenza:
L’industria dello spettacolo sarà una delle ultime a riprendere le attività, per molti si prospettano mesi di sofferenza economica, a questo occorrerà mettere rimedio. Posso solo sperare che gli innumerevoli lavoratori dell’indotto, che costituiscono la manovalanza necessaria a mettere in piedi un concerto e di cui il pubblico spesso ignora l’esistenza, possano essere protetti dalla cassa integrazione o da altri meccanismi di tutela.
Francesco De Gregori paragona l’Italia alla Gran Bretagna, con una nota amara:
Nei Paesi di cultura anglosassone è diverso, l’industria musicale è nata lì e quando vai a fare un concerto ti trattano come un professionista. È così quasi dappertutto nell’Ue. Mi capita di andare a una festa e sentirmi dire “dai, perché non ci canti una canzoncina?”. Nessuno nella stessa situazione chiederebbe a un dentista di levargli un dente.
Francesco De Gregori conclude il suo discorso, proclamandosi però poco speranzoso:
Gli autori non possono difendersi come farebbero i metalmeccanici, non possono scioperare. La loro difesa è affidata unicamente alle normative ed al loro rispetto. La direttiva Ue va in questo senso. Sarebbe bene che l’Italia la recepisse, ma non ho molte speranze: non ho visto ancora nel Parlamento una presa di coscienza del problema né una chiara volontà di risolverlo. Il diritto d’autore non ha una lobby al suo servizio. Mentre i suoi avversari sembrano assai agguerriti.